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Tecnopopulismo – Come tecnocrazia e populismo stanno insieme

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di Ben Wellings dal sito web InternationalAffairs

Abbiamo avvertito negli ultimi anni dei pericoli del tecnopopulismo, o della fusione del populismo con la tecnocrazia. 

Il primo libro autorevole, “Democracy by Disclosure: The Rise of Technopopulism” di Mary Graham, visiting fellow presso la Brookings Institution, è apparso nel 2002.

Poiché i populisti possono fornire solo soluzioni limitate ai problemi contro cui protestano, è fin troppo facile rivolgersi a Tecnocrati per le risposte.

Fonte

Christopher Bickerton e Carlo Invernizzi Accetti descrivono, definiscono e diagnosticano quella che considerano una nuova logica della politica democratica.

Il “tecnopopulismo” è la fusione di modalità di governo populiste e tecnocratiche. In questo contributo innovativo alla nostra comprensione della natura mutevole della (Technopopulism – The New Logic of Democratic Politics), gli autori Christopher Bickerton e Carlo Invernizzi Accetti suggeriscono che la politica democratica è,

“sempre più sulle pretese in competizione di rappresentare il ‘popolo’ nel suo insieme e di possedere la necessaria ‘competenza’ per tradurre la sua volontà in politica”.

La politica tecnopopulista implica quindi appelli al di là dei partiti politici, con un’enfasi sui leader che possono tagliare il disordine della politica democratica e portare a termine le cose.

L’obiettivo principale degli autori non è il tipo di populisti che infestano l’immaginazione progressista, come,

Donald Trump, Marine Le Pen, Matteo Salvini e Victor Orbàn…

In modo rinfrescante, Trump fa a malapena la sua apparizione, data l’attenzione sull’Europa occidentale.

Invece i principali esemplari sono Tony Blair ed Emmanuel Macron.

Blair e Macron sono emblematici di una tendenza datata dalla fine degli anni ’90 in poi. 

Entrambe le figure hanno cercato maggioranze elettorali sulla base del rifiuto della “vecchia” politica e della pretesa di essere “diversamente dagli altri ragazzi”.

La vecchia politica era qualcosa da superare e sostituire, con una logica che suggeriva che Blair, Macron e altri leader di questo nuovo stampo potessero realizzare la volontà popolare e tradurla in modo efficace ed efficiente in politica.
La ragione per l’ascesa di questa nuova logica sarà familiare dalla politica dell’ultimo decennio:

lo svuotamento della democrazia da parte di partiti professionali, piuttosto che di massa.

L’argomento è che questi partiti centristi hanno formato cartelli e hanno gareggiato su un terreno politico sempre più ristretto basato sulla competenza a governare piuttosto che su qualsiasi programma ispirato ideologicamente progettato per realizzare la buona vita per i suoi sostenitori e altri membri della politica.

Ciò ha lasciato un vuoto che i movimenti e i partiti populisti come il,

  • Movimento Cinque Stelle
  • Fronte Nazionale
  • Partito per l’indipendenza del Regno Unito
  • Podemo,

…sfruttato e riempito durante gli anni 2010.
Bickerton e Invernizzi Accetti non vedono questa nuova logica politica come benigna.

Questa non è un’analisi che vede il populismo come un antidoto alla conquista tecnocratica della democrazia. In effetti, sostengono che il tecnopopulismo diminuisce la qualità della democrazia contemporanea restringendo l’orizzonte delle possibilità.

Sottolineano che i tecnopopulisti non pretendono mai – nonostante il titolo del libro di Macron – di essere rivoluzionari.

Invece, intendono solo fare meglio ciò che già esiste:

  • rendere i confini più forti
  • educare meglio
  • gestire le città in modo più efficiente
  • rendi l’America di nuovo grande…

Avendo notato le carenze del tecnopopulismo, gli autori suggeriscono una soluzione fuori moda:

partiti politici, e in particolare i loro “quadri direttivi”, i sostenitori ideologici del partito e il suo cuore operativo e organizzativo.

Se fosse i proletari che erano la grande speranza di George Orwell ‘s 1984, allora è il middle manager che svolgono questa parte per Bickerton e Invernizzi Accetti. La ragione di ciò è che, a loro avviso, questi individui hanno atteggiamenti e opinioni che di solito sono più profondamente radicati ed estremi di quelli della leadership e dell’elettorato.

Di conseguenza, se liberati dalle strutture interne antidemocratiche dei partiti esistenti, i quadri intermedi aiuterebbero a differenziare i partiti l’uno dall’altro e ci salverebbero dal flagello della politica di valenza e dai suoi orizzonti ristretti dell’immaginazione politica.

C’è un’obiezione immediata a questa idea:

Jeremy Corbyn

L’esperienza del Partito laburista britannico sotto la sua guida suggerisce che la differenziazione dei partiti potrebbe andare a scapito dell’eleggibilità.

L’altra obiezione è che l’idea di presentarsi alla proverbiale riunione del ramo in un piovoso martedì sera sperando in un quorum difficilmente entusiasmerà molte persone in politica.

Nonostante l’idea generale degli autori che i partiti e gli altri organismi intermediari siano sia il problema che la soluzione, a patto che possano essere democratizzati essi stessi, è una soluzione che vale la pena considerare (ed è probabile che i tecnopopulisti si oppongano).

Bickerton e Invernizzi Accetti hanno dato un contributo inedito e significativo al vivace dibattito sui pro e i contro del populismo

Sottolineano giustamente che la tecnocrazia non ha guadagnato la stessa attenzione – o disprezzo – del populismo. Sarebbe stato comunque proficuo vedere qualche considerazione sul rapporto tra tecnopopulismo e nazionalismo.

Con l’eccezione di alcuni movimenti populisti mediterranei dei primi anni 2010, è raro vedere un movimento populista che non abbia alcuna relazione con il nazionalismo.

Anche gli esemplari tecnopopulisti, Blair e Macron, hanno lanciato il loro appello in contesti nazionali (“New Labour, New Britain” e il repubblicanesimo di Macron).

Questa relazione è importante perché i tecnopopulisti più recenti come Boris Johnson sono stati in grado di sfruttare efficacemente i legami tra nazionalismo e tecnopopulismo a proprio vantaggio politico.

L’affermazione degli autori che populismo e tecnocrazia non sono né opposti politici né cure reciproche è innovativa e persuasiva.

Introducendo il concetto di tecnopopulismo, questo libro ci aiuta a far avanzare la nostra comprensione della relazione tra populismo e tecnocrazia e della loro desiderabilità per la democrazia, offrendo al contempo suggerimenti per spostare l’immaginazione politica oltre i vincoli ideativi di entrambi…

Pubblicato su: https://www.bibliotecapleyades.net/sociopolitica2/sociopol_technocracy08.htmhttps://www.bibliotecapleyades.net/sociopolitica2/sociopol_technocracy08.htm

®wld


Il mortale tranello della TAV

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Lettera aperta al Ministro Matteo Salvini

Rispettabilissimo Ministro e vice premier Matteo Salvini, mai al mondo avrei pensato in passato di poterla sostenere in questa compagine di governo ma tant’è che ho dovuto mio malgrado appoggiarla nella sua battaglia per il cambiamento così come tanti altri che nulla avevano da spartire con un partito tendenzialmente posto ai margini; non parlo di destra e sinistra ormai superate da una globalizzazione incalzante, parlo invece di quel cambiamento che Lei ha saputo indirizzare ad una popolazione ormai persa nei meandri della storia.

Lei Ministro,  ha dato ancora una speranza ad una nazione alla deriva; Lei Ministro, forte della sua giovane età e da una pulizia mentale che non accetta compromessi meschini, ha portato le sue idee in un programma di governo (anche se anomalo); i punti di questo programma sono piaciuti alla maggioranza degli italiani, l’hanno votata nelle urne portandolo oltre l’immaginabile e, strada facendo per la sua tenacia è arrivato ad avere una miriade di consensi, consensi (ribadisco) che non vengono dalla Sua compagine di partito ma, da tutte le componenti politiche di cui gli italiani nauseati si sono rivolte a Lei come ultima razzio.

Or dunque Ministro, come ben sa si fa molto presto a salire nei consensi ma si fa altrettanto presto a precipitare, spiego: Lei è attaccato e vituperato da ogni dove, euro burocrati, cespugli di partiti ormai alla deriva e disperati, ONG di personaggi come Soros, politically correct e capi religiosi, capi di governo discutibili come Macron, BCE e banche allineate con gli interessi di una sola nazione che ha distrutto una nazione come la Grecia (con la complicità di tutta l’eurozona) che ora dice di aver salvato e, tante altre componenti virulente che hanno in mano tutti i media mainstream dell’informazione.

Fin’ora Ministro, con maestria si è ben destreggiato nel parare i colpi sotto la cintura con emigrazione, sbarchi, sgombero campi, sicurezza e legittima difesa, RAI, ma, la TAV è un tranello mortale che potrebbe far sparire il surplus del Suo consenso.

http://www.libreidee.org/2018/07/se-anche-salvini-si-piega-ai-padroni-del-tav-torino-lione/

Non so se leggerà mai questa mia lettera, il mio è un piccolo blog che si affaccia su di un mondo vituperato fatto di informazioni veicolate (anche in rete) da chi sapientemente ha in mano tutta la Stampa mainstream, con una potenza economica atta a dirigere il pensiero unico la dove lo vuole portare. Stay tuned

wlady

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Il Giochetto …

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Vogliono farvi litigare! 

di Marco Cedolin

Quando contro ogni previsione un paio di settimane fa, dopo 88 giorni di tira e molla, confusione e veti presidenziali, il governo Conte vide finalmente la luce, fu subito chiaro a tutti come si sarebbe trattato di un percorso ad ostacoli assai accidentato, dal momento che il suo incedere sarebbe stato ostacolato con tutti i mezzi possibili, leciti ed illeciti.

Le forze (nazionali e non) che da sempre detestano gli italiani e li vogliono prostrati e con il capo chino sono coscienti di avere ancora fra le proprie mani un potere immenso. Gestiscono praticamente la quasi totalità dell’informazione cartacea e televisiva, gestiscono il 90% degli uomini dello spettacolo, gestiscono i sindacati, gestiscono il sistema bancario e la finanza. Gestiscono in parole povere quasi tutte le leve del potere, anche se in questa occasione, per quello che mi piace considerare uno strano scherzo del destino, non sono riusciti a gestire il voto degli italiani….

Il loro unico e vero nemico oggi non è costituito da Salvini o Di Maio, ma dall’opinione pubblica, perché il governo Conte non è in questo momento sostenuto solamente dagli elettori di Lega e 5Stelle, ma anche da molti altri milioni di italiani (come me) che hanno votato altro o non hanno votato affatto e gode di una popolarità mai sperimentata in tempi recenti.

Di fronte ad una situazione di questo genere, ogni rimbrotto di un politico di opposizione, ogni sparata di un guitto da salotto, di un banchiere o di un imprenditore compiacente, non fanno che rafforzare il sostegno popolare al governo e questo non può che essere chiaro anche a chi ha fatto dell’arroganza e della supponenza una ragione di vita.

L’unica arma rimasta nelle mani di questi signori (ma si tratta di un’arma potentissima) è il dividi et impera che nella fattispecie deve concretarsi nel dividere Di Maio da Salvini o più precisamente nel provocare un profondo scollamento fra i sostenitori di 5S e della Lega, affinchè si rivoltino gli uni contro gli altri.

Sapendo che esiste un terreno fertile in questo senso, stanno spendendo ogni energia per far si che tale scollamento si concretizzi. Alimentano polemiche e litigi, ricamando fra le pieghe di ogni affermazione fatta da Salvini, diffondono sondaggi totalmente privi di ogni valenza statistica per indurre l’elettore di 5S a pensare che la Lega stia cannibalizzando il proprio movimento e quello della Lega a fantasticare sul fatto che qualora si tornasse ad elezioni il suo partito diventerebbe la prima forza politica in Italia. Seminano zizzania e malumore in tutte le maniere possibili,

praticando il “giochetto della questura” dove i due sospettati vengono convocati ciascuno in una stanza e ad entrambi viene fatto credere che il complice ha già confessato facendo il suo nome. Insomma giocano sporco che più sporco non si può, senza porsi alcun problema, sia perché sono totalmente privi di ogni etica e non hanno alcun rispetto per il cittadino, sia perché la posta in gioco è altissima.

Ora tocca a voi, italiani, elettori di Lega e 5S o meno, decidere se cadere nel tranello che vi riporterà a strisciare con il capo basso o se tenere la testa alta con fierezza e mandarli tutti a quel paese, giudicando il governo per quel poco che riuscirà a fare, ma che sicuramente non hanno mai fatto coloro che l’hanno preceduto.

http://ilcorrosivo.blogspot.com/

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Appelli disperati delle élite

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GLI EUROPEISTI INVOCANO IL GOLPE- per salvare la Democrazia, ovvio.  

di Maurizio Blondet  

Da quel che ho capito io, Mattarella non vuole i ministri che gli propone l’alleanza di governo. Dicono che continua telefonare a Draghi per avere, diciamo, istruzioni o pareri: “Conte ti va?”. Draghi: Per carità, e chi lo conosce. E’ incompetente. E’ un tecnico (i media ripetono: incompetente, troppo tecnico, ha falsato il suo curriculum)  

NON ABBASTANZA competente.

NON ABBASTANZA competente.  

Mattarella: “Mi propongono Paolo Savona lo accetti? Draghi: “Di male in peggio, quello è troppo competente. E’ anche uno del sistema, quindi non possiamo attaccarlo come un barbaro invasore. Ex direttore generale di Confindustria e ministro dell’Industria del governo Ciampi, lunghi anni a fianco di Guido Carli, che da ministro del Tesoro firmò per l’Italia il trattato di Maastricht. Sperimentato. La sa troppo lunga. Riuscirebbe a pilotare l’uscita concordata dall’euro. Sa come fare. Nelle trattative metterebbe in difficoltà Merkel e Macron. No no, proprio no”.  

TROPPO competente.

TROPPO competente. 

I media strombazzano: Paolo Savona è anti-euro, non va bene. Ci vuole un ministro non critico dell’euro, altrimenti l’Europa si sente offesa. Altri spiegano: Paolo Savona è interno al Sistema, dunque in contraddizione col populismo. Bocciato.  

Mattarella mette il veto.  

Il presidente Mattarella si prende tempo. Continua a ricevere messaggi dalla cosiddetta Europa: “L’Italia rispetti gli impegni”; “Presidente, non permetta che i barbari distruggano lo splendido lavoro che abbiamo fatto a Bruxelles”.  

Centocinquanta economisti tedeschi firmano un documento di fuoco in cui esigono che l’Italia esca dall’euro. Cosa che dimostra lo stato di confusione mentale in cui li abbiamo sprofondati: prima, quando l’opzione di uscita dall’euro era comparsa nella bozza Lega-M5S, tutti a strillare che è uno scandalo! E obbligano a cancellare quella opzione. Poi la stessa opzione compare con la firma di 150 economisti germanici, e va bene.  

E Mattarella che fa? Aspetta. Aspetta che Salvini e Di Maio gli propongano i ministri giusti. Giusti secondo gli europeisti e i media. Si capisce che sarebbe contento se Salvini e Di Maio gli proponessero: come presidente del consiglio, vogliamo assolutamente Gentiloni. Come ministro dell’economia, scegliamo di nostra iniziativa, Padoan. Agli Esteri, Alfano. La Fedeli all’Istruzione… 

Quello sarebbe il governo giallo-verde ideale, per Mattarella. Il quale continua a far ripetere ai media che è sua prerogativa presidenziale scegliere i ministri.  

C’è addirittura qualche media che sostiene: la pretesa dei vincitori alle elezioni di volersi scegliere i ministri è contraria alla Costituzione. Corrado Augias comincia a scrivere che al punto in cui siamo, per salvare la democrazia, bisogna vietare le elezioni: è il pensiero ricorrente della cultura di sinistra. Su Il Foglio, il direttore neocon Claudio Cerasa lancia un appello disperato a Berlusconi e a Renzi: sciolgano PD e Forza Italia e li fondino in una sola “opposizione propositiva pro Occidente, pro mercato, pro Europa” contro il governo giallo-verde votato dal popolo.  

Insomma non sanno più cosa inventarsi. Hanno una gran voglia di golpe. Sperano moltissimo in un aumento dello spread. Invocano l’aiuto dei “mercati”: non vedete l’immane debito pubblico italiano? Chiedete di più di interessi! Rovinate gli italiani che hanno votato male!  

Al che un operatore finanziario domanda: se – come credono i media – c’è una correlazione fra debito grosso e spread, come mai il Giappone che ha un rapporto debito/Pil del 235 per cento, ha uno spread nullo, anzi “NEGATIVO rispetto ai bund tedeschi, e non è sotto la minaccia dei mercati?  

Il Giappone: rapporto debito/Pil è al 235%, ma i “mercati” non si allarmano. Perché ha la moneta sovrana.

Cosa volete, rispondere a questa domanda sarebbe imbarazzante: il Giappone non allarma i mercati perché non è nell’euro, ha una moneta sovrana e una banca centrale sua, che garantisce di pagare tutti li yen che servono per servire gli interessi sul debito.  

Si potrebbe dedurre che i nostri problemi di spread dipendano dalla UE e dall’euro. Un’idea malsana e barbara. Omofoba e antisemita.  

Quindi, gli sguardi si volgono di nuovo a Mattarella. Gli danno suggerimenti. Come nota Massimo D’Antoni, professore di scienza delle finanze a Siena: “I giornali continuano a scrivere che al Quirinale il problema sarebbe la proposta di un ministro [Paolo Savona] che ha dei dubbi sull’euro. Non so se sia vero. Mi rifiuto di crederci, perché se così fosse sarebbe una motivazione a dir poco sconcertante”:  

Già. Avremmo un presidente della repubblica che censura preventivamente le idee politiche di un economista assolutamente rispettato, che è stato ministro, banchiere, boiardo di Stato, persino Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica….  

Mattarella come presidente che mette il veto – non motivandolo – su un tale nome, concordato dalle forze che rappresentano la maggioranza in parlamento, “introdurrebbe un precedente pesantissimo” (D’Antoni). Il precedente si chiama golpe. Qui, diciamolo chiaro, c’è una grande tentazione di golpe. Lo chiede il PD. Lo chiede Forza Italia. Lo chiedono i media. Ce lo chiede l’Europa. 

Forse Draghi ha trovato una via d’uscita. Telefona a Mattarella: “Dì che scelgano Di Maio. Quello è un novizio, non capisce niente di finanza monetaria, non sa le lingue, riusciamo a intimidirlo nei vertici UE …e lo facciamo su”. (non cito letteralmente: Fare su, è un mio milanesismo per imbrogliare).  

I media cominciano a scrivere: si torna a pensare a un politico come presidente del consiglio. Di Maio, perché no?  

Resta da mettere qualche puntino sulle i. Il professor Conte,che prima non andava bene perché “un perfetto sconosciuto”, poi non va bene perché ha difeso una famiglia che voleva far curare sua figlia malata con la Stamina: occorre precisar che un avvocato difende anche un omicida, senza essere necessariamente un promotore dell’assassinio? Ma la cosa più incredibile è che i media e il PD continuino a dire che”ha taroccato” il curriculum.. Che ha millantato una laurea presa a New York, come un qualunque Oscar Giannino, e che l’Università di New York dice che non è mai stato iscritto. In realtà, ecco cosa Conte ha scritto nel suo curriculum:  

Vuol dire che il professore è stato ad ascoltare lezioni all’università – ciascuno può farlo, l’ingresso è libero – per ascoltare oratorie in un bell’inglese, migliorare la propria comprensione della lingua, impratichirsi della terminologia giuridica. Io stesso l’ho fatto ormai decenni fa alla Tulane University di New Orleans. Certo, andare in una università straniera per migliorare la propria competenza linguistica, è un tipo di problematica che non ha mai interessato la Fedeli, con la sua terza elementare, messa dal PD a fare la ministra dell’Istruzione: e in quel caso, Mattarella ha trovato che le competenza della vecchia rossa bastano e avanzano. Non ha trovato nulla da ridire sulla competenza scientifica della Lorenzin, una liceale, messa alla Sanità, con potere vacinale dittatoriale. Nè ha avuto dubbi sulle competenze di Alfano, che non sa alcuna lingua, come ministro degli Esteri. Se si obbedisce all’Europa, non c’è bisogno di essere cervelli, di sapere qualcosa, di imparare: basta eseguire gli ordini.   

Il debito pubblico: “Il governo giallo-verde lo farà aumentare! Bisogna impedirglielo!”: così esclamano le sinistre che in dieci anni di governo hanno aumentato il debito pubblico così:

(Guardate come cresce dal 2011, ossia dal “competente” Mario Monti)

Stefano Fassina, nel PD uno dei più a sinistra ma oggi cane sciolto e spirito libero, approva Paolo Savona:

Stefano Fassina (@StefanoFassina) ha twittato alle 10:16 AM on mar, mag 22, 2018:

Paolo #Savona come ministro economia e finanze @MEF_GOV è competente e equilibrata coerenza con voto @M5S_Camera @M5S_Senato e @LegaSalvini il 4 Marzo. Savona da tempo fa analisi fondate su mercato unico e €-zona e ne rileva insostenibili effetti di svalutazione del lavoro.
(https://twitter.com/StefanoFassina/status/998840059033014277?s=03) 
 

BERLINO: non sapeva come rifutare i programmi di Macron sulla messa in comune di profitti e perdite come in una vera area monetaria. Adesso ha colto la palla al balzo per stoppare tutto. “Finché l’Italia non finisce di fare le sue riforme. E siccome non le fa più…”,.  

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2018-05-21/governo-m5s-lega-timori-tedeschi-ora-stop-riforme-dell-area-euro–124559.shtml?uuid=AEKSmwrE&utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter  

La Germania, da sempre contraria alla condivisione dei rischi in Eurozona, coglie la palla al balzo per dire che… non vuole la condivisione dei rischi” (Luciano Barra Caraccio)  

Per i più esperti, propongo l’articolo seguente:  

COSA PONE VERAMENTE IN PERICOLO L’EUROZONA. IL CONTO CHE LA GERMANIA NON PAGHERA’ MAI 

https://orizzonte48.blogspot.it/2018/05/cosa-pone-veramente-in-pericolo.html 

E’ la comune spoliazione dell’Italia il vero collante della “unità” franco-tedesca, che altrimenti sarebbe divergente.

“La verità sta proprio nel fatto che l’Italia “allarma” non per la sua debolezza ma per la sua forza, la cui rivendicazione farebbe crollare la grande costruzione oligarchica del capitalismo finanziario che culmina nell’euro.”  

Fonte: https://www.maurizioblondet.it/

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Almanacco di maggio 2018

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Mentre Lega e 5 Stelle flirtano, la Bce ci mangia le banche 

di Massimo Bordin

Complottisti si diventa, ma citando Totò io direi che “lo nacqui, modestamente” ed anche se la neolingua ha coniato questa stupida definizione dalle forti tinte negative – il complottismo – chi crede che i complotti non esistano o non ha mai studiato la storia oppure l’ha studiata senza mai capirla. Anche oggi, mentre tutti gli attivisti politici – tutti – riempiono le pagine dei quotidiani e i social pontificando sulla nascita del nuovo governo, solo qualche barbaro debunker seriale si è occupato del colpo gobbo perpetrato dall’Unione Europea contro le banche italiane.

Ma come, verrebbe da dire, il Partito Democratico è caduto sotto l’accusa di aver “aiutato le banche”, e ora grillini pentastellati e leghisti manco si accorgono di quello che sta succedendo alla banche di credito cooperativo? La faccenda è tanto lunga, quanto grave e tristemente nuova.

Val la pena proporre qui una breve sintesi. Per chi non lo sapesse, le Bcc sono banche di diritto diverso da quelle trdizionali e sono sotto il controllo locale; prestano denaro, cioè finanziano le piccole e medie imprese italiane e, pur essendo esse stesse singolarmente piccole, il loro intervento è stato in questi lustri vitale per l’economia nazionale, visto che le piccole e medie imprese, cioè l’artigiano, il commerciante, ecc, caratterizzano il 90 per cento del tessuto produttivo italiano. Continua a leggere QUI

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Se la Kommissione innesca l’orribile arma segreta italiana. L’Otto Settembre 

Maurizio Blondet 

Un finlandese, un lettone e un greco ci hanno ingiunto di obbedire all’Europa. Katainen ci ha detto che l’Europa non cambia il Patto di Stabilità. Dombrovskis, che il nuovo governo continui a ridurre il debito ed anche il deficit (che riduciamo da 20 anni). Avramopoulos vuole che non cambiamo la politica sui migranti.

Insomma  continuano a pretendere che obbediamo alle misure, basate su una teoria sbagliata del debito pubblico, che ci hanno portato alla  rovina.

A loro bisognava mostrare questa tabella: la curva di povertà a cui ci ha ridotto la UE, con la complicità dei nostri politici.

Siccome sono profondamente stranieri, ed ignoranti della storia europea, a maggior ragione della italiana, non sanno quello che provocano obbligandoci a tener fede, costi quel che costi,  agli arbitrari diktat europei.  Non sanno che abbiamo una orribile arma segreta, autodistruttiva  ma distruttiva degli “alleati”, quando ci si obbliga a faccia al muro. L’Otto Settembre. O se volete, Caporetto. La rottura del fronte, della linea, la resa in milioni, il tutti a casa o in prigionia.

Il meccanismo è semplice e ricorrente: i nostri politici e governi (imprevidenti, pressapochisti e incapaci)  impegnano il popolo  italiano in obblighi  ardui e impegnativi, ferree alleanze, irrealistiche gabbie internazionali,  senza darci i mezzi  per tener duro,  e ignorando ogni volta che la nostra fibra morale, la nostra cultura, la nostra stessa posticcia e fragile unità nazionale non sono in grado di reggere.  Il popolo, passivo, regge  e  regge, finché non ce la fa, e allora si  spezza;  divincola, fugge, abbraccia il nemico che lo prende prigioniero (lo raccontò Rommel, quando da capitano ruppe a Caporetto). E’ vergognoso, ma è l’istinto animale e vitale,  di una plebe senza intelligenza, ma  con il buon senso di non farsi ammazzare fino all’ultimo uomo. Per Badoglio, poi…. Continua a leggere QUI

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Cade (forse) il segreto sul trilogo, il buco nero della democrazia nell’UE 

di Dario Tamburrano

E’ la trattativa a porte chiuse che costituisce il cuore del processo legislativo. Una sentenza del Tribunale dell’Unione Europea dispone che i documenti possono essere divulgati. Il Parlamento Europeo ha rinunciato oggi alla possibilità di fare ricorso, ma non è noto l’orientamento di Commissione Europea e Consiglio UE

Non devono essere segreti i documenti del trilogo, il cuore vero del processo legislativo UE che coinvolge Parlamento Europeo, Commissione Europea e Consiglio UE.

Lo stabilisce una sentenza del Tribunale dell’Unione Europea.

Anche il mediatore europeo si era occupato della questione, ma senza ottenere grandi risultati: i documenti del trilogo sono sempre stati riservati agli addetti ai lavori, con possibilità per gli altri di prenderne visione solo a giochi fatti. Oggi, martedì 15 maggio, il Parlamento Europeo ha rinunciato a far ricorso contro la sentenza. Il ricorso potrebbe tuttavia essere presentato da Commissione Europea e Consiglio UE: non si hanno notizie sugli orientamenti di queste due istituzioni.

Il “trilogo” è la trattativa politica a porte chiuse durante la quale prendono forma le leggi dell’Unione Europea. Continiua a leggere QUI

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DA GAZA AL QUIRINALE Popoli fai da noi, cacicchi fai da me. E i Rothschild 

“Ogni volta che siamo testimoni di un’ingiustizia e non reagiamo, addestriamo il nostro carattere ad essere passivi di fronte all’ingiustizia , così, a perdere ogni capacità di difendere noi stessi e coloro che amiamo”. (Julian Assange)

“Si parva licet componere magnis”, premettevano i latini a un azzardato paragone che conducevano tra cose piccole grandi. Procedimento che adotto per passare dalle nostre squallide, ma non del tutto irrilevanti, piccinerie, alle immensità, per una parte orrendamente efferate e, per l’altra, eroiche, di quanto va succedendo in queste settimane e ore tra i palestinesi di Gaza e gli emuli israeliani dei macellai del ghetto di Varsavia.

Cosa ci accomuna, cosa li accomuna

Altra premessa al discorso di oggi è la constatazione di cosa abbiano in comune coloro che hanno portato alla novità di due fenomeni di massa che, fino all’altro ieri, parevano patrimonio di altri, migliori, tempi. E, per converso,  a cosa ci porta l’esame epistemologico circa la natura logica dei comportamenti di contrasto a questi fenomeni. Parlo della rivolta di masse popolari a Gaza impegnate in un movimento, la Grande Marcia del Ritorno, che, dopo anni di delega a rappresentanti inetti, inefficaci, rinnegati, divisi e divisivi, si appropria del tema che fu loro fin dal rifiuto della colonizzazione degli anni ’40 e poi nelle due Intifade degli anni ’80 e ’90. E parlo della cacciata, in Italia, dal proprio orizzonte politico di coloro, la coalizione di destra variamente denominata Ulivo, governo tecnico, larghe intese, renzusconismo. Usurpatori  che dalla fine del secolo scorso, eletti rappresentanti dei bisogni collettivi, queste masse le hanno conculcate, deprivate, escluse.Continua a leggere QUI

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Matteo Salvini e Luigi Di Maio in una foto combo, Roma 11 maggio 2018 ANSA/ LAMI CARCONI/ANTIMIANI

Governo M5S-Lega, accordo vicino. Di Maio: «Nessun passo indietro»

 di DonatoDe Sena

Continuano gli incontri per la nascita di un governo M5S-Lega. Oggi a Montecitorio è ripreso il lavoro del tavolo tecnico per mettere a punto il contratto di programma, al quale partecipano gli esponenti delle due forze politiche. L’obiettivo è quello di chiudere le trattative in poche ore. In serata previsto anche un nuovo incontro tra i leader, il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio e il segretario del Carroccio Matteo Salvini, ai quali spetta il compito di trovare una sintesi sui punti più delicati. Stando a quanto dichiarato dal capogruppo leghista al Senato Gian Marco Centinaio i nodi irrisolti sul contratto di governo sono immigrazione, sicurezza, rapporti con l’Europa e grandi opere.

Ma resta il nodo del premier. Non si sa ancora chi sarà presidente del Consiglio del nuovo eventuale esecutivo. «Per il premier stiamo parlando di un nome politico, come abbiamo sempre detto, non di una staffetta», ha assicurato Di Maio allontanando l’ipotesi di un tecnico a Palazzo Chigi. Fonti M5S hanno parlato dell’esistenza di una rosa di eletti e non. L’ultimo finito nel totonomi è il giornalista e neodeputato 5 Stelle Emilio Carelli. Qui la diretta live.

Governo M5S-Lega, nuova riunione sul contratto:

la diretta ore 17.43. Governo M5S-Lega, Di Maio: «Ora non si torna indietro». Luigi Di Maio è intervenuto nel pomeriggio anche sul Blog delle Stelle, sito di riferimento del Movimento. «Ora indietro non ci si può tirare. Ora questo governo s’ha da fare. Ora l’Italia deve cambiare davvero», ha scritto il capo politico in un post dal titolo ‘Non un passo indietro: questo week end tutti ai banchetti per cambiare l’Italia’. «Il contratto di governo che stiamo scrivendo in questi giorni – ha continuato – è la più grande novità politica degli ultimi 20 anni perché porterà al governo dell’Italia quello che hanno chiesto i cittadini: il cambiamento». «È il momento del coraggio. Non un passo indietro!», ha esortato Di Maio. Continua a leggere QUI

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