L’avvelenamento
e il doping da carne
Dr.
Valdo
Vaccaro
– tratto
da
http://valdovaccaro.blogspot.com/2010/04/lavvelenamento-e-il-doping-da-carne.html
Una bistecca e un
prosciutto, si sa, non crescono sugli
alberi.
Gli animali definiti da carne vengono sottoposti a torture e
violenze
che ripugnano ad ogni persona civile, ad ogni essere dotato di
una
normalissima sensibilità e cultura.
E, quanto succede a questa massa di creature sfortunate e
abbandonate
temporaneamente da Dio, non riguarda solo la terrificante fase
finale
del macello, ma tutta la loro vita da esseri sottoposti a
carcere duro,
con privazione dei più elementari diritti quali l’ora d’aria e
di
libertà, l’ora di sole. Creature inermi, pacifiche, intelligenti
e
senzienti, che hanno la sola colpa di essere diverse dall’uomo,
di non
avere mezzi fisici, legali e sociali per difendersi, e che
vengono
discriminate e trattate alla stregua di bestie infami da
vessare,
torturare, uccidere.
Diciamo pure che per fare
gli allevatori, i macellai, i
commercianti di bestiame, serve una durissima e ruvida scorza di
pellaccia e una massa ossea impenetrabile intorno agli occhi,
alle
orecchie, al naso, al cuore e al cervello.
Non per niente Pitagora rifiutava persino di incontrare o di
incrociare
per strada questa categoria di persone, per l’imbarazzo,
l’avversione e il disgusto che gli procuravano.
L’animale in questione sta ancora masticando ignaro e tranquillo
la
sua quota di fieno sulla mangiatoria.
Non sa ancora che la sua sorte è segnata, e che qualcuno ha già
deciso
per lui la data e l’ora del patibolo.
Ma, non appena se ne accorge grazie alle sue sensibilissime
antenne
telepatiche, i suoi muscoli già induriti dalla immobilità della
stalla-carcere, si bloccano del tutto per un paio di giorni
almeno e la
sua carne diventerebbe durissima e inutilizzabile dopo
l’assassinio in
tale stato.
Per renderla meno dura,
per far sì che la sua bistecca
diventi più morbida e masticabile, l’animale viene lasciato a
digiuno
prima della barbara esecuzione.
Con questo stratagemma, diminuisce la concentrazione di proteine
fibrillari, cala il glucosio nel sangue e aumenta l’acqua
trattenuta
nella muscolatura.
E, mentre l’anima sua vola al più alto dei cieli indurita dalle
sofferenze inflittegli, la sua carne rimasta in terra a
disposizione dei
carnefici diventa a sua volta più tenera e delicata.
Dopo il rigor mortis,
inizia il processo di frollatura, che
è una brevissima stagionatura volta a rendere la carne ancora
più
molle, e che prelude alla vera e propria putrefazione.
Guai permettere però che la putrefazione avvenga a quel punto.
Sarebbe come far perdere ogni valore commerciale al pezzo di
cadavere
che si sta maneggiando.
Occorre giostrare in modo opportuno tra mollezza e putrefazione,
col
prezioso aiuto del freddo, esattamente come si fa nell’autopsia
di una
salma, per determinarne le ragioni reali della morte o le
condizioni
reali dello scomparso al momento del decesso.
La putrefazione deve
avvenire non all’esterno, ma
all’interno del corpo di chi mangerà quel brandello di cadavere.
Il
disfacimento, lo schifo, l’orribile puzzo del disfacimento, deve
avvenire all’interno dell’uomo, dove ci sono le condizioni
ideali di
caldo e umidità per la disintegrazione di tale ordigno
ecologico. Così
il cliente paga e riempie il proprio tubo gastrointestinale di
fetore e
di veleni, mentre il macellaio sorride e si guadagna il suo
soldo.
L’oltretomba del povero animale eliminato finisce per essere
situato
nell’apparato intestinale di qualche manciata di uomini disposti
a
fare da cimitero chimico collettivo per i suoi resti.
La carne diviene sempre più flaccida e cedevole man mano che
avanza il
processo di disgregazione cellulare e di disfacimento proteico.
Gli enzimi proteolitici
cominciano a digerire parzialmente
le proteine (autolisi), liberando peptidi e aminoacidi, ai quali
si deve
il caratteristico tanfo cadaverico, ovvero le caratteristiche
proprietà
organolettiche (per dirla coi dietologi filo-carnivori stile
prof
Calabrese).
Trattasi esattamente, per meglio comprenderci, di quell’odore
nauseabondo che lasciano i topi morti o gli altri animali morti
in clima
e ambiente caldo-umido.
Acidi urici metabolici e altri residui tossici come scatolo,
indolo,
putrescina e cadaverina, verranno prodotti in seguito.
Il freddo del congelatore può solo interrompere, ritardare e
attenuare
tale trasformazione.
La carne è molto deperibile e diventa facile preda di una folla
di
microrganismi patogeni e di spore che la inquinano
irrimediabilmente.
Gilbert e Dominicé,
ricercatori belgi, hanno provato
mediante esperimenti che l’assunzione di carne provoca nel tubo
intestinale un inquietante aumento di germi patogeni da 2000
unità a 70
mila per mmc).
Pensiamo al bacillus enteridis, al bacillus suipestifer, al
bacillus
clostridium, al bacillus streptococcus bovis, al prione della
mucca
pazza, al bacillo del tifo e del paratifo, nonché alle 2700
sostanze
chimiche proibite e catalogate composte da farmaci, pesticidi,
ormoni,
antibiotici, e quanto altro si ritrova in quel materiale
orribile
chiamato carne.
Solo cotture ad altissima
temperatura potrebbero in qualche
modo bonificarla.
Ma, in tal caso, si distruggerebbe ogni già scarso valore
nutritivo e
gastronomico, e si produrrebbero altre complicazioni.
Non dimentichiamo che anche una cottura leggera distrugge gli
enzimi e
le vitamine del gruppo B, e trasforma i grassi in acreolina,
micidiale
veleno per il fegato.
Oltre alle tossine metaboliche c’è poi l’acido lattico da sforzo
e
da stress, l’adrenalina da paura accumulatasi nei fluidi
dell’animale (è risaputo che le povere bestie captano,
intuiscono,
comprendono telepaticamente che le si vuole uccidere).
Tutte cose che si
ripercuotono pesantemente sul
consumatore, causando femminilizzazione nei maschi e cancri
nell’apparato genitale femminile (come nel caso del
dietil-silbestrolo),
nonchè insensibilità alle cure antibiotiche.
Una lenta tossinfezione dovuta alla trasformazione batterica da
eccesso
di proteine
Ma è la facilità con cui i
residui digestivi della carne
tendono a putrefarsi nell’intestino crasso, a preoccupare di più
gli
igienisti e i patologi.
E’ normale, si chiede Shelton, vivere di un cibo che produce
solo
putrefazioni e veleni?
Il ristagno del bolo intestinale significa digestione lenta e
difficile,
significa stitichezza, significa enormi sprechi energetici,
essendo la
digestione lunga l’operazione più costosa in termini di energia.
Ogni buon dietologo
sportivo sa che è grave errore usare
le proteine in funzione energetica.
Nel colon proliferano poi i terribili batteroidi e
bifido-batteri, che
sono i battistrada del cancro.
I resti degli acidi biliari colico e desoiicolico, a contatto
prolungato
con le sostanze prodotte dalla decomposizione della carne, danno
origine
a pericolosi composti chimici come l’acido apocolico e il
3-metilcolantrene, due potenti cancerogeni.
Una dieta contenente
carne, e dunque grassi animali, porta
a sviluppo di batteri intestinali capaci di creare enzimi come
il
beta-glicoronidasi e l’alfa-deidrossilasi, e di creare steroli
cancerogeni come il coprosterolo.
Mancando invece del tutto, nel tubo gastrointestinale
fruttariano degli
umani, l’enzima uricase (che abbonda invece nei canidi e nei
felini, e
serve a disintegrare e a rendere innocuo l’acido urico),
i malcapitati che perseverano nell’alimentazione carnea si
ritrovano
con gravissimi problemi di accumulazione ureica o gottosa.
Dalle carni e dal sangue
ingerito gli deriva poi una lenta
tossinfezione, dovuta alla trasformazione batterica dell’eccesso
di
proteine.
La lisina si trasforma ahimé in cadaverina. Il triptofano si
sdoppia in
scatolo e indolo. La cisteina e la metionina diventano etil e
metil-mercaptani.
Dagli altri aminoacidi si generano putrescina, agmatina,
istamina,
tirosina, fenolo, metano, ammoniaca, biossido di carbonio,
idrogeno,
acido acetico e alcol.
Ecco spiegato il penoso
quadro patologico formato da feci
dure e maleodoranti, gas gastrici e gas intestinali, coliti,
emorroidi,
stipsi, pesantezza, mali di testa, ipertensione.
Quando non si arriva agli estremi del cancro allo stomaco,
all’intestino e al fegato.
Un motore che viene costretto a funzionare con un carburante
improprio e
difettoso.
Un motore che invece di cantare e funzionare al meglio, invece
di
bruciare alla perfezione il suo gas senza lasciare residui e
strascichi
interni, balbetta e scoppietta, va a 3 cilindri, come si dice in
gergo
automobilistico.
Ecco spiegato pure il meccanismo della produzione di radicali
liberi in
sovrabbondanza, e della insufficienza degli antiossidanti
corporali a
contrastare il conseguente stress ossidativo patito
all’organismo.
Ecco spiegato il diffondersi di malattie incontrollabili e
gravi, e
l’invecchiamento precoce del genere umano.
La carne non dovrebbe mai entrare nell’organismo degli uomini.
E meno che meno si
dovrebbe dare ai bambini, nei quali
produce nervosismo, insonnia e alterazioni del ricambio.
Per tutti, grandi e piccini, maschi e femmine, si profila con la
carne
un grave affaticamento degli organi emuntori, ed in particolare
del
fegato, del pancreas e dei reni.
I test di massima
velenosità
Negli Usa,
la Commissione
per le Malattie Cardiache (1970),
la Commissione Parlamentare
sull’Alimentazione (1977) e l’Accademia delle Scienze (1980),
hanno
dimostrato con dati inoppugnabili che la carne, assieme a
tabacco ed
alcol, è uno dei fattori più responsabili di mortalità nei paesi
del
benessere.
Nel Regno Unito, gli esperimenti dell’Università di Cambridge
(dr
Khaw e dr Welch) hanno dimostrato che l’unico modo di stare alla
larga
da cancro e cardiopatie è assumere almeno 5 volte più vitamina C
naturale (e non sintetica), mediante un minimo di 5 pasti
giornalieri al
giorno di frutta al naturale.
I test antropologici
sulle origini
Tutte le ricerche e i test antropologici dimostrano che l’uomo
dei
primordi si alimentava di bacche di ogni genere, di frutti e
semi di
ogni tipo, di granaglie e radici, di erbe e di miele. In certe
circostanze sapeva pure ottenere dagli animali uova, latte e
formaggi.
Le carni in casi limitati furono sempre un cibo raro, sporadico,
eventuale, rituale, festivo.
Nell’assieme, le ricerche dimostrano che l’uomo è nato ed è
cresciuto nella storia come essere frutto-vegetariano.
I test del cibo-elettivo
Le due leggi di Graham sul cibo elettivo dimostrano che:
1) Esiste un rapporto
preciso e definitivo tra costituzione
fisica di un animale e il suo cibo elettivo,
ovvero il suo cibo normale e preferenziale
2) Il cibo elettivo è
quello più adatto, quello che serve
al meglio i suoi interessi biologici, psicologici,
conservativi e ambientali
I test delle scorie
Le recenti scoperte sul ruolo delle scorte indigeribili
nell’alimentazione, o dei cosiddetti a-nutrienti,
hanno inferto un altro duro colpo alla teoria dell’onnivorismo
umano.
Il tubo digerente extralungo dell’uomo necessita infatti di
stimoli
regolatori che favoriscano il movimento peristaltico.
Ebbene, la dieta frutto-vegetariana cruda ha queste capacità,
mentre
quella carnea e quella onnivora no. Le carni non lasciano scorie
indigeribili, per le quali è invece predisposta e adatta
l’intera
capacità dell’intestino, soprattutto nella parte definita colon e
crasso.
I test sull’acidità del
crasso
L’intestino crasso, per funzionale al meglio, deve mantenere un
ambiente acido e non alcalino.
Ebbene, frutti, grani, erbe e radici, che nella parte alta del
tubo
gastrointestinale hanno rilasciato correttamente residui
alcalini che
hanno mantenuto il sangue leggermente alcalino, nella parte
bassa
dell’intestino si ritrasformano quasi magicamente e rilasciano
residui
acidi (acido acetico, acido carbonico, acido lattico). Mentre
carni,
pesce, uova e latticini, che nella parte alta avevano rilasciato
ceneri
acide e quindi dannose, acidificando il sangue e provocando
domande di
calcio interno e causando osteoporosi e calcoli, nella parte
bassa
lasciano perfidamente residui alcalini, a dimostrazione di
quanto e come
essi siano dei non-cibi o meglio dei contro-cibi per l’uomo.
I test sulla fame (prova
del fuoco di Frate Girolamo
Savonarola)
I veri onnivori, quando sono affamati, sono attratti
istintivamente e
tramite fiuto da animali e da carogne animali, che vengono
intesi come
cibo immediato e di urgenza.
Questo non accade con l’uomo in genere, e con le donne e i
bambini in
particolare, nei quali è più forte e sentito il retaggio della
vita
secondo natura.
L’essere umano prova
istintivamente ribrezzo e repulsione
alla vista di ogni tipo di sangue e di ogni tipo di cadavere.
Persino un
uomo dedito alla trasgressione carnea, quando ha fame, sogna un
piatto
di pastasciutta, o un minestrone, o una pizza o una torta. La
fame è
del resto un fenomeno chimico originato proprio dalla carenza di
carboidrati o zuccheri, non certo di proteine.
I test sul contenuto
proteico del latte materno
Il contenuto proteico di ogni diverso tipo di latte, è la
cartina di
tornasole che sta a indicare la percentuale proteica
approssimativa di
cui quell’animale ha bisogno per mantenersi in salute.
Il latte materno della specie umana è caratterizzato da un
contenuto
proteico particolarmente basso, inferiore al 5 percento. Tale
percentuale è assai simile a quella che si trova nella frutta e
nella
verdura allo stato naturale, che sono per l’appunto il vero e
unico
cibo di competenza dell’umanità.
I test sul rilascio di radicali liberi e sull’ossidazione
cellulare
Le ricerche mediche e biochimiche di questi ultimissimi anni
confermano
come i cibi non elettivi, i cibi impropri, i cibi concentrati, i
cibi
animali, i cibi cotti, le bevande eccitanti, le bevande gassate,
le
bevande alcoliche, gli stili di vita sbagliati, siano tutti
fonti di
imperfezioni e disfunzioni organiche.
Disfunzioni organiche che portano ad avvelenamenti, a tossiemie,
ad
infiammazioni interne e, in ultima analisi, al rilascio di
radicali
liberi, a pericolosissimi stress ossidativi, capaci di provocare
malessere, malattie e invecchiamento precoce.
I test sulla legge del
nutriente minimo
Ogni buon dietologo, ogni biochimico responsabile sa che il
corpo umano
si appropria del minimo che gli serve di ciascun micro-nutriente
tra
quelli messi a sua disposizione. L’eccesso di una sostanza
nutritiva
sulle altre può solo causare deficienze a catena e disequilibri.
Esistono rapporti corretti, compatibilità e incompatibilità,
simpatie
e avversioni precise tra le varie vitamine e i diversi minerali,
per cui
occorre necessariamente stare sui cibi naturali e complessi,
rifuggendo
da ogni versione concentrata e sintetica, rifuggendo il più
possibile
da integrazioni e supplementazioni che possano produrre effetti
perversi
e imprevedibili all’interno del nostro organismo.
Che ci siano in giro
degli amici degli animali e degli
animalisti è già un brutto segno. Sta infatti a significare che
esistono pure dei nemici e dei persecutori di questi esseri che
tutto
meriterebbero fuorché di essere tormentati e torturati da chi è
stato
preposto a far loro da guida e dar loro una mano.
La stessa considerazione vale per i vegetariani. Dire che esiste
un
vegetariano o un miliardo di vegetariani non è affatto cosa
consolante.
Come non è consolante che ci sia il vegetarianismo.
Esso esiste solo perché
c’è della gente che si comporta
in modo obbrobrioso cibandosi di carne.
Se tutti gli uomini si comportassero da uomini non staremmo a
parlare di
queste etichettature sociali.
Tutti gli uomini nascono vegetariani e muoiono vegetariani, in
quanto
accompagnati vita natural durante da un corpo e da un apparato
gastrointestinale invariabilmente frutto-vegetariano, per
disegno, per
struttura, per funzioni e per caratteristiche bio-chimiche.
Solo che una parte di
essi, e persino una parte
preponderante di essi, tradisce e trasgredisce alla propria
natura,
dando luogo a una massa di popolazione disobbediente e a
rischio, che
arreca danno e pericolo alla natura circostante e a se stessa.
Alla fine esiste in ogni caso una quadratura del cerchio.
Il creatore ha fatto l’uomo in un certo modo e con certe
caratteristiche e certe esigenze.
Sovvertire e pervertire questo ordine non può che portare a
effetti
collaterali, allo stesso modo dei farmaci e delle sostanze
dopanti.
L’avvelenamento procede
per gradi a partire dallo
svezzamento. Il lattante umano si sviluppa e cresce
armoniosamente finché
la sua dieta è quella appropriata del latte basso-proteico di
sua mamma
contenente meno del 5 percento di proteine.
I guai e le deviazioni cominciano con le intromissioni e la
diseducazione pediatrica e sanitaria, con gli omogeneizzati a
base di
carne e di pesce, che fanno conoscere ai delicatissimi organismi
infantili i primi drammi dell’acidificazione del sangue da
eccesso
proteico, delle malattie dell’infanzia, che sono tentativi di
riequilibrio bloccati perfidamente, secondo atto del dramma
infantile,
dalle vaccinazioni perpetrate a danno dei piccoli innocenti che
nulla
possono dire e nulla possono obiettare.
Poi, col passare del
tempo, le quote di proteine in eccesso
tendono ad aumentare ulteriormente in rapporto al tipo di
educazione e
di usanze, di convinzioni, di cattivi esempi, di convenienze
economiche,
di influenze esercitate dalle famiglie e dai diversi tipi di
società
civile in cui il giovane è inserito.
Al termine di tutta la storia ci troviamo di fronte a un adulto
vegetariano che ha rovinato il suo organismo al punto tale da
sentirsi
un essere forestiero ospitato in un corpo che non apprezza e che
non
conosce, al punto tale da non riconoscere più nemmeno il cibo di
sua
pertinenza.
Il veleno, quando non ti
uccide all’istante, ti stordisce
e ti droga, ti stimola e ti altera, poi di deprime, in un
continuo gioco
alterno di alti e bassi che mette a dura prova tutti gli organi,
e che
affatica il corpo al punto di procurargli evidenti segni di
decrepitezza.
Ma l’avvelenato e il drogato da carne non sa, non si rende conto
di
essere drogato al pari del fumatore, del consumatore di caffé e
tè,
del consumatore abituale di farmaci, di integratori minerali e
di
vitamine sintetiche.
La sua vita consiste in un continuo susseguirsi di crisi di fame
e crisi
di sete, che la carne non riesce se non parzialmente e
temporaneamente a
placare.
Queste crisi violente e improvvise di fame hanno origini chiare e
sono
spiegabilissime.
Un pasto carneo è basato
normalmente su un eccesso
proteico che va ben oltre quel 5 percento naturale dei lattanti
umani
(corrispondente alla quota media giornaliera di
11 grammi
di proteine al giorno stabilite dalla Scuola Igienista Naturale
Americana).
Andare poi oltre i 25-
35 g
di proteine al giorno significa varcare la fatidica soglia della
acidificazione e richiamare calcio interno dalle proprie ossa.
Un pasto carneo è basato il più delle volte su un eccesso
proteico che
va ben oltre i limiti tollerati.
C’è poi della gente che tende a ingozzarsi di proteine
all’inverosimile, puntando a livelli proteici vicini al 50
percento
del totale calorico.
E questo succede non solo nelle diete letali tipo quelle che
suggeriva
il dr Atkins nei tempi andati, e che oggi ribadisce in Italia il
prof
Calabrese, ma persino nelle diete comuni osservabili tra gli
amici e i
conoscenti che ci circondano.
Questi eccessi di
proteine producono una serie ininterrotta
di putrefazioni gastriche e intestinali, e un rilascio costante
di
residui velenosi che, associati ai carboidrati (amidi, dolci,
frutta)
che seguono a ruota, vanno a far scaturire altri fenomeni
aberranti
quali la fermentazione degli zuccheri e l’alcolizzazione del
bolo e
della massa di nutrienti ingeriti.
A quel punto, la vena porta, destinata a convogliare i
micronutrienti
disintegrati al fegato per le ulteriori trasformazioni e
filtrazioni,
tende a rifiutare i medesimi e a indirizzarli verso il basso,
ossia
verso il colon e l’evacuazione.
Solo che pus e alcol
diventano micidiali per il retto. Ne
sanno qualcosa le emorroidi. Così, come estrema difesa, il corpo
cerca
con testarda insistenza di inviare il tutto al fegato per una
qualche
detossificazione.
Ma il fegato si guarda bene dall’accettare delle sostanze che lo
danneggerebbero perforandone i filtri come un colabrodo.
Così il tutto torna di nuovo al colon per una evacuazione
difficoltosa
e penosa.
In pratica, la maggior parte dei nutrienti contenuti nel cibo
iniziale,
finisce per essere dispersa e sprecata, e finisce tra le acque
nere dei
servizi igienici.
E il sistema cellulare, i
trilioni di cellule in costante e
trepida attesa di ricevere i nutrienti purificati dal fegato,
rimane
sempre a corto di carburante, a corto di fruttosio, a corto di
acqua
biologica.
Da qui le improvvise e violente crisi di fame e di sete, da qui i
suggerimenti dei medici di riempirsi giornalmente di litri
d’acqua.
Questo è il tragico meccanismo del deficit calorico, tipico di
chi
cerca il carburante zucchero di sua competenza nel modo più
difficile e
costoso possibile.
Ricavare glucosio dalle proteine significa davvero esperire la
via più
complicata e dispendiosa.
Alla fine della trafila, il finto carnivoro che si è rimpinzato
di
carne per un valore di 1000 calorie, corre il concreto rischio
di dover
spendere 1200 calorie nei lunghi tempi di digestione di un
materiale
improprio che mai avrebbe dovuto circolare nelle sue parti
interne.
Così la carne lo ha sì stimolato e gli ha sì dato delle vampate
di
calore e vitalità, ma nella realtà non lo ha nutrito affatto, e
lo ha
al contrario depredato di nutrienti interni e persino di
calorie.
Se chi ci ha disegnati e
creati ha previsto che l’adulto
sano deve fare 3 ore al giorno di intensa attività fisica,
accelerando
e decelerando adeguatamente il suo ritmo cardiaco, e stimolando
di
conseguenza la circolazione del sangue (legata al cuore) e
quella del
sistema linfatico (legata al movimento in sé, in quanto il
sistema
linfatico non è dotato di una sua pompa cardiaca come il sistema
sanguigno), una carenza di esercizio comporterà danni metabolici
e
perdita di forza muscolare, mentre un eccesso di esercizio
porterà a
sovra-produzione di acido lattico, a stanchezza e indebolimento.
Se il creatore ha stabilito poi 2000 o 3000 calorie al giorno,
tutte da
cibo appropriato e naturale, come quota ideale, l’eccesso
procurerà
sovra-peso e obesità, mentre la scarsità sarà causa di
sottoalimentazione, indebolimento e moria precoce delle cellule
sottoalimentate.
Se il creatore ha stabilito che ogni diverso maschio adulto e
sano si
mantiene tale con tre rapporti sessuali al giorno, o alla
settimana, o
all’anno, da eseguirsi con emozione ed entusiasmo, e non per
costrizione, noia o abitudine, l’eccesso procurerà debolezza ed
esaurimento, la scarsità darà origine nei maschi ad accumuli di
tensione e a incrementi di testosterone, a canizie precoce e
magari pure
ad un atrofizzasi degli organi in disuso.
Nelle femmine invece, la
scarsità di rapporti produrrà
sintomi noti come il complesso della zitella, con una certa
acidificazione del carattere, o una tendenza alla mascolinità
sociale,
all’attivismo sfrenato in attività economiche o sociali.
Dunque anche la sublimazione degli istinti naturali, derivante
da
motivazioni personali, sociali, morali, religiose, comporta dei
costi e
delle conseguenze.
Allontanarsi dagli schemi naturali comporta dunque
immancabilmente dei
costi bene individuati e soppesati dai ricercatori e dagli
scienziati
dei vari settori.
Nessun compromesso con la
macchinazione infernale ordita a
danno dei più deboli e indifesi esseri del pianeta
Vivere
al meglio significa trovare pure accomodamenti,
compromessi, antidoti.
Il mondo cosiddetto civilizzato ci propone e talvolta ci impone i
suoi
schemi in continuazione, taluni compatibili, tali altri in netto
contrasto con le nostre reali esigenze.
Tutto sommato, viviamo in
un mondo che fa di tutto per
proporci modelli insostenibili, stili di vita inaccettabili.
Viviamo in
un mondo che pare coalizzato per farci ammalare, per farci
sparire prima
del tempo, per sfruttarci, impoverirci fisicamente, mentalmente e
spiritualmente.
Un mondo che ci vuole pure coinvolgere nella infernale
macchinazione
ordita ai danni dei più deboli e più indifesi esseri del
pianeta, e
che può diventare autodistruttiva nei confronti della nostra
stessa
specie, sia a livello fisico che in termini di salute mentale e
spirituale.
Su questo punto della persecuzione degli animali ai fini di una
alimentazione umana perversa e balorda, lontanissima dalle
regole divine
di ogni filosofia e di ogni religione, non ci può essere
assolutamente
alcuna forma di compromesso