"Di colui che vide ogni cosa", è il primo verso del poema epico di
Gilgamesh, grazie ai cataloghi trovati nella biblioteca di
Assurbanipal, si può riferire all‘autore che lo ha scritto,
Sin-leqi-unnini, chiamato il poeta esorcista, (2700 ac.) e consigliere
del re di Uruk "Gilgamesh"


Gilgamesh, figlio di una dea e di un
mortale uomo, era alla ricerca della vita eterna; non voglio qui
entrare nel poema che conosco molto bene ma solo un riferimento alla
vita stessa che è stata negata a Gilgamesh e a tutto il genere umano.


Utnapishtim,
"il lontano", il Noè Biblico (che per grazia degli dei fu concessa la
vita eterna) incontro per ordine degli dei Gilgamesh (avventuriero,
sovrano di Uruk, giudice dell’oltretomba, fratello di Ishtar dea
dell’amore, ecc. le parole del Noè bibblico furono precise:


"Non
cercare la vita eterna perché agli esseri umani non è stata concessa,
godi dei doni della terra, lavati ogni giorno con acqua fresca, indossa
vesti pulite, gioisci dei piaceri della tua compagna, e porta per mano
il figlio frutto dell’unione della tuo accopiamento, e sappi che dopo
la vita terrena non vi sarà più Nulla…già il Nulla" …


Voglio riportare qui sotto alcune considerazioni fatte nelle mie ricerche:

"L’umanità conta i suoi giorni
e
qualunque cosa faccia è vento. Nessuno può oltrepassare i limiti della
vita, e si sa dall’etimologia che limite è in corrispondenza biunivoca
con necessità. La necessità (ananke) non è una divinità vera e propria,
quanto piuttosto il riconoscimento di una forza cosmica superiore alle
cose, superiore allo stesso destino di uomini e dei (fato = Namtar in
Mesopotamia, la Moira in Grecia, poi personificata in tre entità:
Atropo che fila, Cloto che avvolge e Lachesi che recide il filo della
vita umana).


Il Nulla … sarà questa la nostra sorte? Cui prodest? ("a chi giova?"), quale è il senso della vita?

wlady