Home

Discussione su YouTube – 2012 L’ATTO FINALE RIVELAZIONI

Lascia un commento

SULL’ORIGINE DELLA RELIGIONE

Lascia un commento


SULL’ORIGINE DELLA RELIGIONE

Quando si affronta, sul piano scientifico (e per quanto sia possibile), il
problema dell’origine umana della religione, bisognerebbe fare un’importante
distinzione preliminare, quella fra società antagonistiche e società collettive
(tribali, claniche, comunitarie, ecc.). Tale distinzione permette subito di
capire se un dato atteggiamento religioso (o mistico, irrazionale…) può essere
strumentalizzato o no. Non è tanto, in effetti, il sentimento religioso in sé a
costituire "problema", a destare il maggiore interesse (in un certo senso è
irrilevante sapere come esso nasca), quanto piuttosto è l’atteggiamento della
collettività nei confronti di tale sentimento, è lo sviluppo ch’esso assume in
una determinata collettività.

Facciamo un esempio. La dipendenza dell’uomo dalla natura, quand’era
avvertita con angoscia, poteva determinare un comportamento cosiddetto
religioso (del tutto spontaneo, istintivo), ma mentre in una società
divisa in classi c’è sempre qualche forza sociale che pensa di
utilizzare tale comportamento per un fine di potere (cioè per
sottomettere altre forze sociali), viceversa, nelle società
caratterizzate dal comunismo primitivo tale strumentalizzazione avrebbe
avuto molte meno ragioni di affermarsi.

In altre parole: il bisogno di usare la religione (cioè i sentimenti
d’impotenza, d’angoscia e di dipendenza, relativi a certi fenomeni naturali o
sociali) per sottomettere qualcuno, poteva nascere solo in una società dominata
dalla presenza dello schiavismo o della soggezione servile. Proprio tale
concreta, sociale, sottomissione comportava, di necessità, che ogni
atteggiamento quotidiano venisse ricondotto, per essere giustificato, a una
motivazione di tipo religioso (almeno formalmente religioso), poiché solo con
questa motivazione si poteva legittimare il riprodursi di quella stessa
sottomissione.

Al contrario, nell’atteggiamento spontaneo dell’uomo primitivo la religione,
al massimo, poteva costituire un aspetto della sua vita sociale e/o personale
(se mai vi fosse stata una differenza tra i due ambiti), e neppure quello più
significativo, in quanto relativo a particolari momenti di sconforto e di
abbandono: il che poi non era così frequente, come in genere si crede, essendo
la comunità, proprio in quanto "comunità", capace di supplire, relativamente,
alla debolezza del singolo individuo nel suo rapporto con la natura.

Quindi la vera, profonda contraddizione non è sorta quando gli uomini hanno
cercato di dare delle spiegazioni fantastiche (appunto religiose, mitologiche)
ai drammi della loro vita quotidiana, ma è sorta quando qualcuno ha preteso di
regolare tutta la vita quotidiana (anche quella "naturale", priva di angoscia)
sulla base di tali spiegazioni irrazionali. Una vita a stretto contatto con la
natura è molto meno religiosa di quel che si creda. La religione, in sostanza,
cominciò a diventare un freno allo sviluppo quando qualcuno (ad es. una classe
sociale o una casta particolare) se ne servì per condizionare tutta la vita di
una determinata società o comunità.

La religione, al pari della superstizione, è senz’altro un prodotto
dell’ignoranza, ma non necessariamente della malafede o del pregiudizio. Essa è
potuta diventare uno strumento dello sfruttamento economico e della soggezione
politica quando la comunità primitiva si era già divisa in classi
antagonistiche, quando cioè il principio della proprietà privata aveva fatto
sorgere interessi contrapposti. Nel suo Discorso sulla disuguaglianza ha scritto
Rousseau: "Il peccato più grave non è stato quello di dire "questo è mio", dopo
aver recintato un terreno, ma quello di credere nella verità di questa
affermazione".

Sotto tale aspetto però si potrebbe anche sostenere che l’uso strumentale
della religione è già indice di un’affermazione di princìpi ateistici, benché in
modo rozzo e volgare. Non sarebbe infatti possibile servirsi della religione in
termini così spregiudicati se chi lo facesse non avesse da tempo abbandonato il
sentimento religioso più genuino, più spontaneo e naturale. Certo, si può anche
essere convinti che la realtà dello schiavismo sia frutto, più o meno, della
volontà di dio, ma se si continua a credere in questo anche nel momento in cui
lo schiavo pretende una propria libertà, allora ogni convinzione perde subito
qualunque carattere di ingenua spontaneità.

Queste osservazioni per dire che l’ateismo è la vera dimensione della
coscienza umana: quanto più tale coscienza è sviluppata tanto più l’ateismo vi
sarà radicato. Il vero sentimento religioso non è che una breve tappa
dell’ingenuità, riscontrabile, nelle moderne società occidentali, soltanto nei
preadolescenti. Si potrebbe anzi definire col termine di "inconsapevole"
l’ateismo primitivo, a causa delle sue perplessità di fronte a certi fenomeni
naturali e biologici, come la vita, la morte, la malattia, la riproduzione ecc.,
mentre quello delle tre epoche antagonistiche (schiavismo, servaggio e
capitalismo) può essere ritenuto "consapevole", ma solo da parte delle classi
egemoni, che si servono appunto della religione (e di altre illusioni) per
conservare il loro potere: si tratta quindi di un ateismo agnostico, ambiguo,
superficiale, volgare… Il vero ateismo, quello scientifico, umanistico,
coerente, è quello socialista, cioè quello che riflette un rapporto sociale
democratico, egualitario, non alienato, un rapporto che non ha bisogno di false
rappresentazioni per poter sopravvivere e riprodursi.

Occorre inoltre fare una precisazione sul concetto di "ignoranza". Gli
uomini primitivi senza dubbio lo erano, ma certo non nel senso che non avevano
le capacità o le possibilità di conoscere la realtà. Essi avevano una capacità
proporzionata ai loro mezzi e alla loro esigenza di conoscere, cioè alla loro
effettiva autocoscienza. Se fossero stati completamente vittime di concezioni
mistiche o irrazionali, non si sarebbe verificato alcun progresso scientifico,
tecnico, speculativo, alcun mutamento nei loro strumenti di lavoro, alcun
cambiamento nelle loro società.

L’ignoranza quindi è un concetto molto relativo. Già Socrate, amando il
paradosso, diceva di poter soltanto "sapere di non sapere". Oggi, ad es.,
sappiamo tantissime cose sulla natura della materia, ma sappiamo anche che
tantissime altre ci sfuggono: la stessa ignoranza circa l’origine dell’universo
e dello stesso uomo (o del processo d’invecchiamento) angoscia certo più noi di
quanto potesse farlo centomila anni fa. Il peso dell’ignoranza è tanto più
avvertito quanto più è forte l’esigenza del conoscere, che è a sua volta
correlata al livello di autoconsapevolezza umana e al livello di strumentazione
tecnica a disposizione. Entrambe le cose sono indispensabili, poiché, ad es., ci
sono voluti più di duemila anni prima di dimostrare che i ragionamenti
filosofici dei greci sull’atomo non erano del tutto astratti. Il che poi non
significa che l’uomo non sia destinato a raggiungere un tipo di esperienza in
cui l’ignoranza venga avvertita senza angoscia. In fondo l’innocenza dell’uomo
primitivo, che sicuramente non conosceva la malizia dell’uomo moderno, andava
esente da molte di quelle frustrazioni e di quei complessi che oggi sono di
ordinaria amministrazione.

Quel che è certo è che la soddisfazione dell’esigenza intellettuale di
conoscere non risolve, di per sé, il sorgere delle false rappresentazioni su di
sé e sulla realtà circostante (sociale e naturale), altrimenti non si
spiegherebbe il motivo per cui tantissimi intellettuali sono (o si dichiarano)
"credenti". Le false rappresentazioni sono anzi un fenomeno più intellettuale
che primitivo, in grado di condizionare molto meno la vita di un uomo semplice,
spontaneo, istintivo. Sono gli intellettuali che, restando legati a certe false
rappresentazioni della realtà, compiono azioni deleterie ai fini degli interessi
sociali. L’intellettuale alienato (con idee religiose, mitologiche o comunque
irrazionali) sa distinguere, come il primitivo, la finzione dalla realtà, ma, a
differenza del primitivo, attribuisce a certe finzioni (ovvero a certe "idee
fisse") un peso di molto superiore a quello della realtà. La finzione per lui
non è un "gioco" ma una cosa seria, che può portare anche alla follia (vedi
Kierkegaard, Nietzsche…)..

Ecco perché il fenomeno religioso deve sempre essere esaminato in rapporto
al contesto storico-sociale in cui si forma e si sviluppa. Bisogna, in
particolare, esaminare l’alienazione che domina a livello di rapporti di
proprietà, di lavoro e di socializzazione. Peraltro, oggi, al posto della
religione le classi egemoni usano altri "oppiacei" per tenere sottomesse le
classi produttive, prive di proprietà. Essendo maturato il livello di
autoconsapevolezza, cioè il livello di coscienza materialistica, storica,
ateo-scientifica, il potere borghese ha bisogno di strumenti che tengano conto
di questo habitus mentale.

LA FORMAZIONE DEL PENSIERO RELIGIOSO

Vi sono molti storici, archeologi e antropologi che sostengono che la
religione sia sorta come un riflesso fantastico della debolezza e sottomissione
dell’uomo nei confronti della natura, un riflesso maturato in un cervello
relativamente sviluppato. I primi riti religiosi sarebbero basati sul culto
delle forze naturali e animali, soprattutto in rapporto alla caccia, quale fonte
principale di sussistenza. Gli uomini avrebbero cercato di divinizzare gli
oggetti o i fenomeni naturali più temuti per volgerli a loro favore. Tracce
evidenti di rituale religioso si trovano nelle sepolture del paleolitico
superiore (40.000-18.000 anni fa) e forse anche nell’epoca dell’uomo di
Neanderthal (40-50.000 anni fa).

Secondo questi studiosi, il processo, in un certo qual modo, è stato
naturale. Esso presupponeva uno sviluppo non indifferente delle capacità
intellettuali dell’uomo, non avendo gli animali, come noto, alcuna religione. In
tal senso se è esistito un lungo periodo "areligioso" (forse un milione di anni)
è stato anche perché l’uomo primitivo (pitecantropo, sinantropo ecc.) non
possedeva ancora determinate facoltà di astrazione, pur essendo indubbiamente
capace di vita collettiva e di manipolazione strumentale.

Io penso che questo modo di vedere le cose sia un po’ riduttivo. Il fatto
che l’uomo ad un certo punto abbia cominciato a inventarsi letteralmente delle
motivazioni irreali per giustificare il suo stato di soggezione nei confronti
della natura, andrebbe considerato non solo come un segno del suo sviluppo
intellettuale, ma anche come un elemento che dovrebbe indurci a riflettere sulla
natura sociale e organizzativa del comunismo primitivo. La nascita della
religione deve aver trovato infatti un terreno fertile nella crisi del comunismo
primitivo come organizzazione sociale.

Pecca di superficialità la tesi secondo cui la nascita della religione
(quale pensiero astratto) rientra in quel processo evolutivo naturale che ha
fatto uscire l’uomo dal suo stadio animalesco. In realtà la religione non solo
riflette rapporti sociali alienati, ma anche un limite all’espressione del
pensiero astratto, in quanto lo priva di riferimenti alla realtà. L’uomo
primitivo infatti possedeva capacità di astrazione che applicava a espressioni
di tipo artistico, che di religioso non avevano nulla.

La stessa pretesa di voler attribuire alle sepolture una funzione religiosa
è alquanto discutibile. Un bambino che rompe un giocattolo in modo irrimediabile
non lo butta del bidone dell’immondizia, ma lo ripone, in genere, nella cesta
dei giocattoli inutilizzabili, che si trova e resterà sempre all’interno della
sua stanza, almeno fino a quando non vorrà disfarsene consapevolmente. In
particolare, il giocattolo verrà risposto "così com’è" (p.es. una bambola coi
suoi vestiti). E’ raro vedere un bambino piccolo staccare qualche pezzo dal
giocattolo rotto per utilizzarlo con un altro giocattolo (fa questo solo quando
il suo cervello è relativamente sviluppato). La rottura impone la "morte" di
tutto il giocattolo.

Questo forse può spiegare il motivo per cui nelle sepolture degli uomini
primitivi si trovano oggetti di uso domestico, personale, trofei di guerra, di
caccia, ecc. Cioè non la religione ha portato a queste sepolture, ma queste ad
un certo punto possono aver fatto nascere quella (p.es. la paura dei morti può
essere nata dal fatto che i cadaveri putrefatti erano fonte di contagio o
malattie; il timore suscitato da una persona quand’era in vita può aver portato
a credere nell’aldilà, ecc.). La stessa carenza di cibo ad un certo punto deve
aver fatto nascere le credenze totemiche.

In ogni caso, per comprendere la transizione dall’animale all’uomo, non
possiamo considerare l’illusione di poter controllare con la religione i
processi naturali un aspetto più significativo di quanto invece non sia stata la
capacità di trasformazione della materia attraverso gli strumenti lavorativi.

Questo poi senza considerare che è impossibile che l’uomo primitivo, solo
perché "primitivo", non si rendesse conto della differenza tra "finzione" e
"realtà". Qui lo sviluppo della conoscenza scientifica non c’entra niente. Fa
parte infatti della natura umana chiedersi, ogniqualvolta ci s’imbatte in un
atteggiamento che non rientra in quelli comunemente e regolarmente accettati da
una comunità, se chi in quel momento lo sta compiendo "finga" o "faccia sul
serio".

Tutti si rendono conto che una cosa è accettare, come "comunità", che un
dato atteggiamento rientri nella "finzione" e come tale venga considerato;
un’altra è convincerci, nonostante le sensazioni, le tradizioni, la memoria…
dicano il contrario, che un qualche atteggiamento "insolito" contiene elementi
di verità, al pari di altri atteggiamenti già noti. In questo secondo caso la
religione è già diventata strumento nelle mani di qualcuno.

Certo, la nascita del sentimento religioso non può di per sé stare ad
indicare la presenza di rapporti sociali basati sullo sfruttamento, però può
esserne considerata l’anticamera. Cioè il vero problema non è sorto quando gli
uomini hanno cercato di dare delle spiegazioni fantastiche ai drammi della loro
vita, ma quando la persistenza di tali spiegazioni è diventata un segno della
mancata soluzione di quei drammi e quindi la premessa alla nascita di una
società in cui facilmente qualcuno avrebbe sfruttato quelle spiegazioni per
legittimare degli abusi. Non a caso nel momento stesso in cui è sorta
l’intenzione di strumentalizzare il senso di paura verso certi fenomeni naturali
o sociali, al fine di assoggettare gli uomini alla volontà di altri uomini, è
sorta anche, inevitabilmente, la "critica della religione", all’inizio in forme
istintive e poi sempre più razionali.

Da un lato quindi la religione (in questa fase ancora "naturale") è nata
come prodotto della debolezza umana; dall’altro il suo uso strumentale non può
essere stato che il prodotto della forza umana, la forza di una parte della
comunità primitiva contro l’altra. L’interesse che deve aver mosso questo
processo è stato indubbiamente quello dello sfruttamento, il cui scopo doveva
essere o quello di conservare un benessere materiale acquisito progressivamente,
indipendentemente dalla volontà della comunità, o quello di ottenerne uno ancora
più grande.

La religione non venne sottoposta a critica serrata nel periodo in cui si
formò come religione "naturale" soltanto perché la spontaneità non le dava quel
carattere di forte oppressione che invece assumerà quando la società sarà
nettamente divisa in classi. Sarà proprio l’opposizione sociale allo
sfruttamento che determinerà, a sua volta, la trasformazione della religione da
"naturale" a "rivelata". Infatti, la critica ateistica, che è sempre legata a
un’istanza di liberazione sociale, ad un certo punto deve aver tolto alla
spontaneità delle rappresentazioni fantastiche la loro primitiva ingenuità. Ecco
perché le religioni "rivelate" hanno dovuto riconoscere che le forme delle
religioni "naturali" altro non erano che "superstizione".

Sotto questo aspetto le religioni "rivelate" non rappresentano che una sorta
di mascherata ateizzazione delle religioni "naturali". Hanno fatto uscire l’uomo
dall’ingenuità di credere naturale la propria debolezza e l’hanno fatto entrare
nell’ipocrisia di credere la propria debolezza come voluta da dio.

Si badi, con questo non si vuole considerare la religione in sé peggiore
della scienza. Nelle moderne società è comunissimo il fatto che qualcuno miri a
servirsi della conoscenza e della sicurezza offerta dalla tecnologia per
assoggettare gli uomini. Non è l’ignoranza in sé o la conoscenza in sé che rende
l’uomo libero o schiavo. Oggi sono tantissime le cose che possono surrogare le
funzioni della religione e che vengono usate appunto come una religione.

SUL DESTINO DELLA RELIGIONE

Esiste un processo "in avanti" che costringe le varie religioni mondiali a
laicizzarsi progressivamente. Ciò è dovuto alle pressioni del secolarismo, che
si esprime nelle varie forme del laicismo, ateismo, agnosticismo, materialismo,
ecc.

Il fatto che oggi si riconosca ampia libertà a tutte le religioni non
significa che il mondo si stia indirizzando verso la religione, ma, al
contrario, significa ch’esso è così sicuro delle proprie conquiste
laico-scientifiche da non avere più alcun timore nei confronti di nessuna
religione.

In questi ultimi tempi, il mondo laico può anche aver aperto alla religione
più porte di quante avrebbe dovuto, ma ciò è dipeso dal fatto che gli errori
commessi nel passato (oppressione, anticlericalismo, fanatismo ideologico…)
sono stati considerevoli, e la storia insegna che gli errori prima o poi si
pagano, in misura proporzionale al danno arrecato.

Tuttavia, sui fondamenti teorici più significativi è assai dubbio che il
laicismo tornerà indietro. Oggi anzi esso sta registrando un altro punto a suo
favore laddove si assiste a un processo di autorecupero, interno alle religioni,
delle loro proprie radici ideali. Un processo del genere porterà sicuramente la
religione ad accettare più facilmente le verità laiche, per quanto ciò
presupponga la fine della stessa religione.

Infatti la verità originaria di ogni religione è sempre di carattere
laico-umanistico, del tutto immanente. La religione è subentrata in seguito,
come un corpo estraneo, sovrapponendosi alla verità originaria, cioè
falsificandola con un’interpretazione fantastica, arbitraria, infondata.

Oggi il laicismo sprona le religioni ad accettare le verità umanistiche, ma
il processo esse lo subiscono come una pressione dall’esterno. Normalmente le
religioni accettano di convivere con queste verità, sentendosi delle assediate,
comunicando pochissimo e solo su cose marginali rispetto ai loro contenuti
tradizionali. Proprio a causa del razionalismo e laicismo occidentale, la
religione è costretta a parlare più che altro di aborto, divorzio, eutanasia,
bioetica, ecc., omettendo volutamente di confrontarsi su cose più pertinenti
alla sua ideologia. In questo senso è difficile sapere fino a che punto la
religione accetterà spontaneamente la necessità, la naturalità, di questo
processo laicistico. In realtà non poche di esse sperano in una colossale
rivincita contro lo spirito laico, umanistico e razionale del mondo
contemporaneo. Sembrano essere lì lì per approfittare di ogni errore che si
commette, di ogni dramma e tragedia, di ogni clamoroso insuccesso scientifico,
tecnologico, economico.

L’ideale sarebbe che la religione, dall’interno, come per uno sviluppo
progressivo, automoventesi, arrivasse a comprendere l’originalità di se stessa,
ovvero la propria negatività. Tuttavia, questo percorso a ritroso, se avverrà,
non sarà indolore, poiché esso porta a negare l’essenza stessa della religione,
la quale è sì disposta a tornare indietro, ma sino a un certo punto. Anzi,
ogniqualvolta la religione vuol recuperare la propria idealità originaria, si
scatenano fanatismi a non finire.

Ciò che il credente, non la religione, deve scoprire è che le idee
umanistiche moderne non sono in contraddizione con quelle che la religione ha
tradito. Il credente cioè dovrebbe essere messo in grado di capire (ovviamente
dall’ateismo-scientifico) che l’origine della sua religione è stata il frutto di
un tradimento di idee sostanzialmente umanistiche, che per il loro carattere
umanistico restano universali.

VERSO L’ATEISMO PASSANDO PER IL MONOTEISMO

Le religioni monoteistiche sono una forma di cripto-ateismo nell’ambito della
superstizione. Considerando che per milioni di anni pitecantropi, sinantropi
ecc. non hanno avuto alcuna religione e che per alcuni millenni le primi
cosiddette "civiltà" hanno avuto varie forme di politeismo, le religioni
monoteistiche, nel loro antipoliteismo, possono essere considerate una sorta di
cripto-ateismo (tant’è che i cristiani venivano considerati "atei" dai pagani).

Questo significa che con le religioni monoteistiche l’umanità ha fatto un
passo avanti in direzione dell’ateismo, cioè in direzione del recupero di quel
proto-ateismo che ha caratterizzato la nascita del genere umano. Almeno sino al
paleolitico superiore sappiamo con certezza che gli esseri umani non avevano
alcuna credenza religiosa.

Ponendosi come superamento di tutti i monoteismi, l’umanesimo laico è
riuscito a fare un altro passo avanti. Il successivo sarà quello di collegare
strettamente umanesimo laico a socialismo democratico.

Resta però da chiarire se il passaggio dall’animismo al politeismo può essere
considerato una forma di progresso intellettuale. Personalmente ritengo di no,
poiché mentre nell’animismo era chiara la subordinazione dell’uomo dalla natura,
nel politeismo invece si è cominciato ad affermare il contrario, e questo perché
il politeismo rifletteva determinati conflitti di classe.

L’animismo (di cui il totemismo, il feticismo ecc. non sono che varianti)
esprimeva soltanto una forma di debolezza delle forze sociali nei confronti di
quelle naturali, ma non esprimeva (come non lo esprime oggi nelle ultime tribù
rimaste) la presenza di conflitti sociali entro una medesima tribù.

Anche se non è affatto da escludere che ad un certo punto parte della tribù
abbia iniziato a dare risposte sociali conflittuali alla debolezza della stessa
tribù nei confronti della natura.

E’ probabile infatti che le prime forme di politeismo siano nate dalla
volontà di una parte (minoritaria) della tribù contro la maggioranza animista e
che dall’impossibilità di ricomporre il conflitto sociale la tribù abbia deciso
di dividersi.

Un processo del genere può addirittura essere stato all’origine del passaggio
dall’ateismo primordiale alle prime forme di animismo. In fondo l’atteggiamento
di Adamo appare più ateistico di quello di Eva, che immagina invece poteri
particolari in una determinata pianta. E’ normale che la parte più debole di una
determinata tribù attribuisca, in un momento di difficoltà, poteri superiori a
una realtà ad essa esterna.

In questa attribuzione ingenua di poteri si può vedere il passaggio
dall’ateismo all’animismo, e nella giustificazione soggettiva del passaggio ("il
demonio mi ha ingannata"), si può vedere il passaggio, eticamente più grave,
dall’animismo al politeismo.

L’animismo non suppone una casta sacerdotale, una gerarchia di ruoli, una
stratificazione sociale basata sullo sfruttamento dei non abbienti.

Viceversa nel politeismo ogni clan, inizialmente, ha i propri dèi, ma poi,
all’interno della tribù, i clan iniziano a riconoscere alcune divinità comuni,
che poi col tempo diventano dominanti, fino al punto da imporsi come divinità
uniche. Il passaggio dagli Elohim a Javhè deve essere avvenuto così.

Gli ebrei sono stati i primi a capire che i limiti sociopolitici del
politeismo potevano essere ovviati col monoteismo, anche se poi s’illusero di
poter risolvere i conflitti sociali unicamente col monoteismo.

La figura di Cristo ha ripristinato l’originario ateismo, ma i suoi seguaci,
tradendo il suo messaggio, hanno soltanto trasformato il monoteismo
politico-nazionalistico degli ebrei in un monoteismo spiritualistico-cosmopolita,
che tale è rimasto sino alla rottura cattolico-romana, con cui si è voluto
affermare un monoteismo politico-internazionale.

Il segreto di Nikola Tesla

1 commento

 NIKOLA TESLA, UN GENIO DIMENTICATO

Il Giornale Online

Ecco a voi un contributo di Piero Cammerinesi sull’enigmatico personaggio di Nikola Tesla,
personaggio che ha lasciato molti più doni di quanti ne possiamo
immaginare o conoscere. Nella speranza che in futuro vengano utilizzati
per migliorare la vita di tutti, vi lasciamo alla lettura.

di Piero Cammerinesi (pierocammerinesi@hotmail.com)

Los Angeles, 29 settembre 2009. In
questo inizio autunno 2009 i dibattiti sui media americani si dividono
equamente tra i grandi temi del momento, vale a dire la crisi
finanziaria – che non si sa bene se sia stata superata o se il peggio
debba ancora venire – e la dura battaglia di Obama per la riforma
sanitaria negli USA che, anche lei, non si sa bene se sarà una vittoria
o una disfatta.

Ma tra un’ intervista,
un’inchiesta ed un talk show su tali argomenti, ogni tanto si fa strada
qualche cosa di nuovo, qualche notizia veramente stimolante che
meriterebbe di essere approfondita. Una di queste riguarda il futuro
wireless dell’elettricità; c’è chi pensa che entro un anno una nuova
era potrebbe aver inizio: quella della trasmissione dell’elettricità
senza cavi.

Lo afferma, in una recente intervista
alla CNN, Eric Giler, CEO di WiTricity, una azienda già in grado di
accendere delle lampadine ad alcune decine di centimetri trasmettendo
l’elettricità senza cavi. Il sistema è semplice: l’elettricità viene
trasformata in un campo magnetico e trasmessa su una particolare frequenza sino all’apparecchio che deve utilizzarla.

Il
procedimento va ancora perfezionato e testato ma, secondo Giler, tra
cinque anni sarà ormai un fatto acquisito ricevere elettricità nello
stesso modo in cui oggi riceviamo una telefonata sul nostro cellulare.
Già nel 2003 un’altra ditta, la Powercast, aveva acceso lampadine LED
ad oltre due chilometri di distanza.

Il problema è che ad oggi
si riescono a trasmettere cariche elettriche limitate a grande distanza
o cariche alte a breve distanza, ma non ancora quantità elevate a
grande distanza, tuttavia gli esperti sono ottimisti. Dal prestigioso
MIT trapelano infatti notizie di un nuovissimo progetto denominato
Magnetically coupled resonance, che consisterebbe nell’inviare un campo magneticoenergia

È
facile immaginare come ciò potrebbe cambiare la nostra vita e molte
nostre abitudini: non più prese né spine, niente più batterie da
utilizzare e gettare, auto elettriche che si ricaricano in garage o
vicino a delle ‘torrette’ di ricarica, senza parlare delle ricadute
positive per l’ambiente; solo le batterie che oggi vengono prodotte (e
consumate) ogni anno al mondo sono oltre 40 miliardi, poi ci sono i
cavi, il petrolio usato dalle auto e così via. Beh, non si tratta
davvero di cosa da poco, in particolare in un momento storico in cui le
preoccupazioni per l’ambiente, per la produzione di petrolio e per il
futuro dell’ economia sono recepite da settori crescenti dell’opinione pubblica e delle istituzioni internazionali.

Tutto bello, davvero interessante, no? Un grande e smagliante futuro…non c’è che dire…

Poi però, nel corso dell’ intervista, il giornalista della CNN fa un riferimento ad un personaggio curioso, Nikola Tesla,
i cui studi – risalenti ad oltre un secolo fa – avrebbero, pare, dato
l’avvio a queste moderne promettenti ricerche… Solo poche battute,
s’intende, non sia mai che qualcuno vada poi a pensare che il futuro
possa venire…dal passato!

O che prenda le mosse da personaggi bizzarri come Nikola Tesla,
uno degli innumerevoli uomini dimenticati dalla storia, quella
ufficiale, ovviamente. La storia che ci dice sempre la verità, o
meglio, quella di chi la scrive. Ma lo ‘zampino’ di Tesla non si limita
all’elettricità wireless; anche l’automobile del futuro, guarda caso,
affonda le sue radici nel passato, riportandoci a questo oggi
semi-sconosciuto personaggio. Fu lui, infatti, il primo a sostituire –
nel 1931 – il motore a benzina di una vettura dell’epoca con un motore
elettrico a corrente alternata da 80 cavalli, e lo fece, oltretutto,
senza una fonte di energia esterna né batterie, installando sull’auto un circuito collegato a distanza ad un’antenna che trasmetteva energia nell’etere.

La
vettura aveva anch’essa un’antenna posizionata all’esterno e collegata
ad una scatola che si trovava nella parte anteriore del veicolo che
riceveva l’ energia da un trasmettitore di energia,
che era allora situato nei pressi delle cascate del Niagara. E, a
proposito di auto, tre anni or sono, proprio qui a Los Angeles – per la
precisione in un hangar dell’aeroporto di Santa Monica – il Governatore
della California, Arnold Schwarzenegger, ha presentato un veicolo
eccezionale per le sue caratteristiche tecnologiche, in grado di
cambiare il volto del trasporto su ruote, così come oggi lo conosciamo,
il cui nome è – guarda un po’ – Tesla Car.

Si tratta del primo
esempio di una serie di veicoli totalmente elettrici, ad emissioni zero
(non hanno neppure il tubo di scappamento), di assoluta silenziosità, e
per di più con una autonomia di circa 400 chilometri
(http://www.teslamotors.com) anche se, diversamente dal progetto
originario di Tesla, questa dispone di batterie ricaricabili. È un
progetto da oltre 40 milioni di dollari con degli sponsor d’eccezione
come Larry Page e Sergey Brin, padri di Google. Eppure, anche tre anni
fa, ricordo perfettamente che furono pochi i giornali che
approfondirono adeguatamente la notizia; evidentemente la lobby dei
petrolieri ci sa fare…

A chi gli chiedeva dove fosse la fonte d’ energia che faceva muovere la sua vettura, Tesla rispondeva che essa era "nell’etere intorno noi". Egli riuscì a sfruttare il campo magnetico che avvolge la terra ed a convogliarlo verso il veicolo, o meglio, fece in modo di amplificare l’ energia
che è presente nell’aria per spingerla verso un dato oggetto. I
risultati delle sue ricerche non furono divulgate all’epoca e di questa
invenzione – così come di altre – si appropriò, alla sua morte,
il governo degli Stati Uniti, che pose su molti progetti del geniale
inventore – si era in piena seconda guerra mondiale – il Top Secret.
Su di lui da allora è calata una cortina di silenzio.

La
sua breve autobiografia è da tempo fuori catalogo ed il suo nome viene
al massimo associato all’unità di misura elettromagnetica – tesla,
appunto – o alla bobina Tesla. Ma egli non fu uno scienziato qualunque;
si devono a lui (1856-1943) ben 700 brevetti, collegati a tutte le
invenzioni più significative del secolo scorso. Fu uno dei più
straordinari inventori – o scopritori, come lui amava considerarsi –
che il mondo abbia mai conosciuto, secondo solo a Leonardo da Vinci, ed
è al suo genio che dobbiamo, oltre alla turbina, tra gli altri, la
corrente alternata, la radio, la lampadina, gli studi per gli aerei a
decollo verticale, il telegrafo ed il progetto del radar e della
corrente wireless.

Il suo carattere di ricercatore ‘puro’, per
nulla incline ad interessi egoistici fece sì che molte delle sue
invenzioni fossero attribuite ad altri, come la radio – egli brevettò
il dispositivo di sintonia radio ben sei anni prima che Marconi
brevettasse la prima radio – o la trasmissione dell’ energia
elettrica, attribuita poi ad Edison. La ricerca fu per lui sempre una
missione “al servizio della specie umana”; il nostro non fu mai
interessato al danaro o al successo personale; tanto che rifiutò anche
grosse somme di danaro – che gli avrebbero consentito di portare avanti
importanti ricerche – perché non accettava le condizioni di tali
finanziamenti.

Nato nel 1856 nell’odierna Croazia, fin
dall’infanzia Nikola sperimenta esperienze del tutto particolari: vede
costantemente immagini accompagnate da lampi di luce che si
sovrappongono alla visione fisica. Da adolescente – narra nella sua
autobiografia – inizia a percepire intimamente una straordinaria forza
delle immagini interiori che vivono in lui di forza propria.
Tali
immagini nascono da esperienze collegate al mondo che lo circonda ma
che ben presto si fa troppo stretto per il giovane Nikola, cosicché
egli inizia, durante la notte, a viaggiare in luoghi sconosciuti, nei
quali studia ed incontra personaggi ignoti che sperimenta in tutto e
per tutto come reali.

“ Presto scoprii che ottenevo il miglior
conforto se, semplicemente, seguivo la mia visione sempre più lontano,
ottenendo nuove impressioni, così io cominciai a viaggiare;
naturalmente, nella mia mente.
Ogni sera, (e qualche volta durante il giorno), quando ero solo,
partivo per i miei viaggi – vedere nuovi luoghi, città e paesi; vivere
là, incontrare persone, fare amicizie e conoscenze e, anche se può non
essere credibile, è un fatto che quelle persone mi erano care proprio
come quelle della vita reale, e non meno intense nelle loro
manifestazioni”.

Queste esperienze inizialmente gli procurano
ansia ed angoscia, ma la loro vivezza gli fa sempre escludere che
quanto sperimenta sia dovuto a semplici allucinazioni. Le sue
esperienze di viaggio astrale proseguono fino ai 17 anni, quando i suoi pensieri si rivolgono alle invenzioni che iniziano a presentarsi alla sua mente;
egli vede e sente come reale qualsiasi concetto gli venga sottoposto,
riuscendo altresì a raffigurarsi interiormente anche meccanismi
complessi, che solo successivamente va a disegnare o progettare.

“Quando una parola mi era detta, l’immagine dell’oggetto che la designava era presente così vividamente nella mia mente
che qualche volta ero anche incapace di distinguere se ciò che vedevo
fosse reale o meno.” Così, invece di seguire il tradizionale modus
operandi degli scienziati, sviluppa un metodo di lavoro tutto suo:
“Quando ho un’idea, comincio per prima cosa a costruirla nella mia
immaginazione.

Io cambio la costruzione, opero miglioramenti e metto in funzione l’apparecchiatura nella mia mente.
È assolutamente eguale per me sia che faccia girare la mia turbina nel
pensiero sia che la provi nel mio laboratorio. Riesco anche a vedere se
è bilanciata o meno. Non c’è differenza alcuna; i risultati sono i
medesimi”. Allora procede nella visualizzazione dell’invenzione,
apportandovi tutti i miglioramenti del caso, mettendo in forma concreta
il prodotto finale, ma ancora solo nella sua mente.
Se l’invenzione funziona come deve, solo a questo punto egli passa alla
realizzazione vera e propria. Durante tutta la sua fanciullezza Nikola
progetta ed inventa ogni sorta di strumenti e attrezzi, sempre grazie a
tale sua peculiare capacità di raffigurazione mentale.

Studia
e lavora con ritmi disumani, che gli procurano più volte problemi di
salute, crisi ed esaurimenti nervosi; da studente passa tutto il suo
tempo tra scuola e biblioteche, fine-settimana compresi. Se un
professore sostiene che una sua invenzione non funziona, lui non si dà
pace finché non riesce a dimostrare il contrario. Accetta la sfida e ci
si tuffa senza esitazioni, riuscendo a sorprendere tutti con i
risultati, invariabilmente positivi. Scrive ancora nella sua
autobiografia: “…l’istinto è qualcosa che trascende la conoscenza.
Abbiamo, indubbiamente, certe fibre più fini che ci permettono di
percepire la verità quando la deduzione logica o qualsiasi altro sforzo
intenzionale del cervello, risulta futile”.

Uscendo da un
periodo profondamente difficile della sua vita, dal quale teme di non
riuscire a risollevarsi, sempre alle prese con la realizzazione di una
invenzione rivoluzionaria, improvvisamente scopre di saper risolvere
l’enigma in un modo completamente diverso da quello degli altri uomini.
Così descrive questa esperienza:
“Per me era un voto sacro, una questione di vita o di morte. Sapevo che sarei morto se non fossi riuscito.

In
quel momento sentii che la battaglia era vinta. Nelle profonde
rientranze del cervello c’era la soluzione, ma non ero ancora in grado
di esternarla. Un pomeriggio, che sarà sempre presente nel mio ricordo,
mi stavo godendo una passeggiata con un mio amico nel parco della città
e recitavo una poesia. A quell’età, conoscevo interi libri a memoria,
parola per parola. Uno di questi era il "Faust" di Goethe. Il sole stava appena tramontando e mi ricordò il passaggio glorioso:

Il giorno sta morendo; il sole se ne va,

e si affretta laggiù, a destare nuova vita.
Ah, nessuna ala mi solleva dal suolo,
perché possa protendermi per sempre ad inseguirlo!
(…)
Un bel sogno, ma intanto il sole si dilegua.
Difficilmente, ah! le ali della mente
possono dare ali al nostro corpo.

Come
pronunciai queste parole ispiratrici l’idea venne come un lampo di luce
e in un istante la verità mi si rivelò. Disegnai con un bastone sulla
sabbia lo schema mostrato sei anni dopo nella conferenza
tenuta presso l’American Institute of Electrical Engineers e il mio
compagno lo capì perfettamente. Le immagini che vedevo erano
meravigliosamente nette e chiare e avevano la solidità del metallo e
della pietra, tanto che gli dissi: ‘Guarda il mio motore, qui, guardami
mentre lo invento!’”

La sua attività di inventore lo porta a
scoperte straordinarie, rendendolo all’epoca famoso e rispettato in
tutta la comunità scientifica. Basti pensare che è il 1882 quando
progetta il motore ad induzione, dando vita a diversi dispositivi che
usano il campo magnetico
rotante, per i quali otterrà i relativi brevetti nel 1888. Nel 1884 si
trasferisce negli Stati Uniti e nel 1891 brevetta il System of Electric
Lighting, un trasmettitore di elettricità che si basa sulle onde radio.
Nel 1893, all’esposizione mondiale di Chicago, accende a distanza una
lampada elettrica da lui stesso disegnata, mentre, appena un anno dopo,
accende delle lampade ad incandescenza nel proprio laboratorio di New
York con un sistema di induzione elettrodinamica.

Nel 1896
annuncia la scoperta dei raggi cosmici mentre, appena quattro anni
dopo, nel 1900, formula le basi per la comunicazione wireless. Un anno
dopo deposita il primo brevetto di base della radio. L’anno successivo
offre all’esercito degli Stati Uniti un’imbarcazione radio-controllata
sviluppando la Art of Telautomatics, una forma di primitiva robotica.
Nello stesso anno ottiene la Pat.No. 609250 Electrical Igniter for Gas
Engines, per una ‘candela elettrica’, la Spark plug, per motori a
combustione interna a benzina.

Ma la sua scoperta più straordinaria è senza dubbio l’ Energia
del Cosmo, che, nelle sue intenzioni, doveva essere resa disponibile a
tutti gratuitamente grazie ad un sistema di trasmissione via etere,
basata su di uno strumento in grado di ottenere elettricità a costo
zero ricavandola dalle oscillazioni naturali del campo elettrico
terrestre. Secondo la sua teoria, infatti, la terra
stessa costituisce un conduttore naturale che può essere utilizzato per
indirizzare le onde elettriche emesse da un trasmettitore centrale.

Tali
onde, nell’ambizioso progetto di Tesla, dovevano poi venir catturate da
ricevitori posti ovunque nel pianeta. A Colorado Springs, vicino a
Denver, realizza, nel 1899, un trasmettitore – che funzionava anche da
ricevitore – in grado di inviare nell’etere un’onda elettrica per poi
riceverla potenziata creando così fulmini artificiali con scariche di
milioni di volt lunghe anche 40 metri. Naturalmente il fatto che lui
sostenga che tale energia
debba venir distribuita gratuitamente, gli vale la rottura con il suo
finanziatore, J.P.Morgan, che aveva intenzione di impiantare su tale
scoperta un business milionario e che, di conseguenza, gli taglia i
fondi e di fatto fa fermare le ricerche, cambiando, come è facile
immaginare, il corso della storia.

Nel 1943, alla sua morte,
gli agenti dell’FBI si impossessano di tutti i suoi progetti, tra i
quali c’era anche una invenzione che può venir usata militarmente con
effetti devastanti in un raggio di oltre 320 chilometri e che oggi è
alla base del segretissimo progetto HAARP, High Frequency Active
Auroral Research Program, con il quale si ritiene che gli USA stiano
progettando nuove armi geofisiche integrali, in grado di influenzare –
grazie ad onde radio ad alta frequenza – gli elementi naturali e di
modificare a distanza il clima di intere aree geografiche.

Un uso aggressivo delle sue scoperte che il nostro non avrebbe mai approvato, visto che Nikola Tesla,
oltre che un geniale precursore dei suoi tempi, fu sempre uomo di pace
che dedicò tutta la vita al progresso dell’umanità. Basti solo
ricordare un paio di citazioni tratte dai suoi quaderni per rendere
giustizia alla sua eccezionale figura e per non dimenticarne la
statura:

“La scienza non è nient’altro che una perversione se
non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell’
umanità….” “Il progressivo sviluppo dell’uomo dipende dalle invenzioni.
Esse sono il risultato più importante delle facoltà creative del
cervello umano. Lo scopo ultimo di queste facoltà è il dominio completo
della mente
sul mondo materiale, il conseguimento della possibilità di incanalare
le forze della natura così da soddisfare le esigenze umane”

Parole di grande profondità, pronunciate da un genio in possesso di qualità straordinarie; eppure Nikola Tesla
è stato mal compreso quando non denigrato, per finire infine
dimenticato dalla storia. Un destino condiviso, il suo, da uno stuolo
di altri geni, profeti, filosofi o saggi, i quali, non piegandosi alla
cultura dominante, coerentemente con la propria ricerca interiore,
mirante alla costruzione del futuro, sono stati di fatto cancellati
dalla memoria collettiva.

Un’ennesima conferma che fa molto
comodo a chi governa il mondo dimenticare – e far dimenticare – gli
uomini che, se compresi e seguiti, avrebbero potuto cambiare il
percorso della storia.

Vedi:

attraverso l’atmosfera ad una determinata frequenza, che, ricevuto da un telefono o una TV, viene ritrasformato in elettrica.



Il film – In inglese con sottotitoli in italiano


da Richard sab 03 ott 2009, 17:07 stampa friendly Invia mail a un amico crea pdf di questa news


nikola tesla   energia   campo magnetico  

La Teoria dell’origine virale delle malattie

Lascia un commento


La Teoria
dell’origine
virale delle malattie

di
Arthur M. Baker – Estratto da Exposing
the Myth of the Germ Theory

a cura
del College of
Practical Homeopathy, 2005
Traduzione di
Gianluca Freda
 
http://pensierolaterale.blog.com/ 

In origine la parola “virus” significava veleno e il
termine “virulento” voleva dire velenoso. Oggi intendiamo per virus
una entità submicroscopica e “virulento”, in generale, significa
contagioso. La medicina moderna utilizza il termine “virus” per
indicare una microscopica forma di vita capace di infettare le cellule e
a cui viene pertanto attribuita la responsabilità di molte delle nostre
malattie.

Nell’immaginario popolare, il virus è una forma di vita in grado di
parassitare ogni altra forma di vita, inclusi gli animali, le piante e i
saprofiti (funghi e batteri).
Nella descrizione delle infezioni virali, ai virus vengono attribuiti
comportamenti quali “iniettarsi”, “incubare”, “essere in
latenza”, “invadere”, avere uno “stadio attivo”,
“impadronirsi”, “riattivarsi”, “mascherarsi”,
“infettare”, “assediare” ed essere “devastanti” e
“mortali”.

La teoria medica convenzionale sostiene che i virus nascono da cellule
morte che essi stessi hanno infettato. Il virus “si inietta” nella
cellula e le “ordina” di riprodurlo, fino al momento in cui la
cellula esplode per lo sforzo. I virus sono a questo punto liberi di
cercare altre cellule in cui ripetere il processo, infettando così
l’intero organismo.

Tuttavia i virologi ammettono che i virus, pur avendo natura
peculiarmente organica, non possiedono metabolismo, non possono essere
replicati in laboratorio, non possiedono alcuna caratteristica degli
esseri viventi e, in realtà, non sono mai stati osservati vivi!!

I “virus vivi” sono sempre morti                                                                               

Il termine “virus vivo” indica semplicemente quei virus
creati dalla coltura di tessuti viventi in
vitro
(cioè in laboratorio), dai quali si possono ottenere
trilioni di virus. Ma proprio qui sta il punto: anche se alcune colture
da laboratorio vengono tenute vive, nel corso del processo si verifica
un massiccio ricambio cellulare ed è dalle cellule morenti che vengono
ottenuti i “virus”. Essi sono comunque morti o inattivi, poiché non
possiedono né metabolismo né vita e non sono altro che molecole di DNA
e proteine.

I virus contengono acido nucleico e proteine, ma mancano di enzimi e non
possiedono una vita propria poiché mancano dei prerequisiti
fondamentali della vita, e cioè dei meccanismi di controllo metabolico
(che perfino i batteri “inferiori” possiedono). Il Guyton’s Medical Textbook riconosce che i virus non
hanno nessun sistema riproduttivo, nessuna capacità di locomozione,
nessun metabolismo e non possono essere riprodotti in vitro come entità viventi.

Il legame con i mitocondri 

Poiché i “virus” non sono vivi, essi non possono agire
in nessuno dei modi che vengono loro attribuiti dalle autorità mediche,
tranne che come unità funzionali del nostro normale materiale
genetico all’interno del nucleo cellulare o del nucleo mitocondriale
interno alla cellula.  

I mitocondri sono organismi viventi, uno dei molti diversi organelli
(piccoli organi) presenti all’interno delle cellule del nostro corpo.
I mitocondri hanno grosso modo la dimensione dei batteri e sia gli uni
che gli altri possiedono un proprio DNA e un proprio metabolismo.

I mitocondri metabolizzano glucosio ricavandone molecole di ATP, che
sono energia pronta per l’uso a cui il corpo può attingere quando ce
n’è bisogno. Cosa ha a che fare questo con i “virus” in quanto
tali? Tutto, come capirete fra un momento.  

Chiunque abbia studiato citologia (struttura delle cellule) sa bene che
la stragrande maggioranza delle forme di vita presenti all’interno
della cellula è rappresentata dai mitocondri, i creatori della nostra
energia.

I semplici protozoi monocellulari possiedono al proprio interno fino a
mezzo milione di mitocondri. Le cellule umane ne hanno meno: dalle poche
centinaia presenti nelle cellule sanguigne ai 30.000 e più delle
cellule dei tessuti muscolari maggiori. Poiché l’intero corpo umano
possiede dai 75 ai 100 trilioni di cellule, ciascuna delle quali
contiene, mediamente, migliaia di mitocondri, devono esserci quadrilioni
o quintilioni di mitocondri all’interno del nostro sistema.

Quando una cellula muore, essa viene rimpiazzata da una cellula figlia
nata dal processo della mitosi, mentre la cellula esausta viene
disintegrata dai lisosomi, i potenti enzimi intracellulari
autodistruggenti e autodigerenti, che frammentano i componenti cellulari
in particelle ultra-minute affinché il corpo possa prontamente
riciclarle o espellerle come scarti.

Ogni giorno, da 300 milioni fino a oltre mezzo trilione di cellule del
nostro corpo muoiono (a seconda del nostro livello di tossicità) e
ognuna di esse contiene in media dai 5.000 ai 20.000 mitocondri. Quando
le cellule muoiono esse vengono autodistrutte dai loro stessi lisosomi,
ma i nuclei e i genomi dei mitocondri sono protetti assai meglio
rispetto ad altri organelli e protoplasmi cellulari e spesso non si
decompongono completamente.

Genomi e nuclei sono microscopici contenitori di informazioni genetiche,
consistenti in DNA o RNA che agisce come centro di controllo e
immagazzinamento del “progetto” stesso della cellula. In quanto tali
essi sono per i mitocondri e le cellule ciò che il cervello è per il
nostro corpo. Ogni cellula e ogni mitocondrio contengono questo
materiale genetico che è la zona più protetta della cellula (grazie
alla sua guaina proteica a doppi lipidi), proprio come il nostro sistema
nervoso è la parte più vitale e protetta della nostra fisiologia
(grazie alla colonna vertebrale e al cranio). Alla morte della cellula i
mitocondri vengono frammentati dai lisosomi, ma non sempre in modo
completo, a causa della loro doppia membrana protettiva. Ed è qui che
la spiegazione diventa interessante.

Secondo il Guyton’s
Textbook of Medical Physiology
 un virus può definirsi
come una parte minuta di materiale genetico (detto genoma) le cui
dimensioni equivalgono a circa un miliardesimo di quelle della cellula.
Il genoma è circondato da una protettura detta capside che è di solito
una guaina proteica a doppi lipidi ed è composta di due membrane (quasi
identiche alla membrana cellulare) che, per inciso, rappresentano
l’ossatura stessa del nucleo mitocondriale.

Le foto dei “virus” scattate col microscopio elettronico mostrano
che le loro membrane sono irregolari e frastagliate, a volte semplici
porzioni di uno strato, a volte di uno strato e di parte del secondo, il
che concorda con l’azione autodigerente dei lisosomi, nel momento in
cui il loro lavoro di frammentazione delle scorie cellulari è ancora
parziale e incompleto. Pertanto, questa descrizione di un “virus” è
virtualmente identica a quella di ciò che resta dei genomi dei
mitocondri cellulari.

In breve, i virus sono resti di materiale vivente e alcuni testi di
fisiologia ipotizzano che essi siano il residuo di cellule esauste. I
lisosomi che disintegrano la cellula morta a volte non riescono a
frammentare questi “virus”, circondati dalla membrana protettiva a
doppi lipidi.

E’ sorprendente che i ricercatori non riescano a riconoscere questi
corpi per ciò che sono in realtà: generico materiale mitocondriale
esausto, soprattutto frammenti di DNA e RNA.

I “virus” non sono microrganismi

Anche se le autorità mediche attribuiscono erroneamente a
questi inerti residui cellulari il carattere della vita e della malignità,
i microbiologi riconoscono che i virus sono in realtà frammenti morti
di DNA rivestiti di una membrana lipido-proteica, pur non riuscendo a
comprendere la loro origine.

In realtà i genomi sono meccanismi di controllo, ma non microrganismi
come l’establishment medico vorrebbe farci credere, e questi
cosiddetti “virus” non sono altro che frammenti senza vita di
generico materiale mitocondriale. Per questo motivo i virus non possono
provocare malattie, a meno che non si accumulino come impurità che
inquinino le cellule, i tessuti e la circolazione nel corso del ricambio
cellulare.

I virus sono quindi genomi morti, provenienti da cellule disintegrate,
la cui membrana cellulare non è stata completamente frammentata dai
lisosomi. I genomi non presentano alcuna caratteristica di vita e sono
semplici particelle di materiale acido nucleico, di norma riciclati
attraverso la fagocitosi o espulsi come scorie.

Le fotografie dei presunti virus che “si iniettano” all’interno
della cellula mostrano in realtà la cellula che letteralmente inghiotte
il virus o scoria proteinacea. Si forma allora un’incavatura, detta
invaginario, e il materiale organico viene circondato dalla sostanza
cellulare che poi si richiude, formando uno “stomaco” improvvisato,
in cui il virus scompare. Lo “stomaco” si riempie allora di potenti
enzimi lisosomici che digeriscono il materiale organico, frammentandolo
in amminoacidi o acidi grassi per il riciclaggio o l’eliminazione. 

Questo processo è una caratteristica della fisiologia cellulare nota
come fagocitosi (letteralmente “divorazione di cellule”); è un
normale processo di ingestione cellulare e digestione enzimatica di
batteri, scorie di tessuti e altre cellule erratiche.

I virus non sono altro che materiale organico inerte, completamente
privo di qualsiasi caratteristica di vita e che nessuno ha mai visto in
azione. Le fotografie che asseriscono di mostrare i virus in azione sono
vere e proprie frodi: ciò che mostrano in realtà è un ordinario
processo fisiologico di fagocitosi che avviene innumerevoli volte ogni
giorno all’interno del corpo.

E’ da ricordare che secondo i testi di virologia e
microbiologia i virus presentano le seguenti caratteristiche, che sono
incompatibili con la vita:

1) I virus non possiedono metabolismo. Non possono
elaborare il cibo o il nutrimento e dunque non possiedono strumenti per
formare energia. Sono solo un contenitore, o schema di informazioni,
come lo sono i genomi.

2) I virus non possiedono alcun tipo di capacità di
movimento. Non hanno un sistema nervoso, né un apparato sensorio, né
un’intelligenza che possa in qualche modo coordinare movimenti o  “invasioni
del corpo” di qualsiasi natura.

3) I virus non possono replicarsi: essi dipenderebbero
interamente dalla “riproduzione obbligata”, vale a dire la
riproduzione attraverso un organismo ospite, cosa assolutamente inaudita
in ogni altro campo della biologia.

Riproduzione Obbligata

Nelle spiegazioni che i medici forniscono sulle cause delle
infezioni virali, ci viene chiesto di credere alla riproduzione
obbligata, in cui un organismo (la cellula) viene costretto a riprodurre
un organismo alieno (il “virus”). Tuttavia non esiste in natura
nessun esempio di esseri viventi che riproducano qualcosa di non
appartenente alla propria specie.

Non dimentichiamo che il rapporto tra le dimensioni del virus e quelle
della cellula è di circa un miliardesimo. La spiegazione offerta dalla
teoria virale delle malattie ci domanda di credere che il virus si
inietti all’interno della cellula e le ordini di riprodurre il virus
centinaia di migliaia di volte, finché la cellula esplode. Ma anche nel
momento in cui il virus “si riproduce” la sua massa complessiva
rimane comunque meno di
1/100 dell’uno per cento
 della massa della
cellula. E’ come dire che se voi vi iniettaste mezzo grammo di una
sostanza, essa potrebbe provocare una tale pressione interna da farvi
esplodere!

Solo i microrganismi viventi sono in grado di agire e di riprodursi, e
ciò avviene sotto il diretto controllo del nucleo, genoma o
“cervello”. I cosiddetti “virus” non sono che residui di entità
un tempo organicamente funzionanti, la cui struttura genetica ha con
esse la stessa relazione che una testa ha col corpo; attribuire ai virus
una qualsiasi attività
è più o meno come attribuire delle azioni alla testa decapitata di un
cadavere!

I virus sono dannosi solo se si accumulano come
scorie

Il nostro sangue e i nostri tessuti possono venire saturati
da questi materiali di scarto generati internamente, proprio come
avviene con le sostanze inquinanti ingerite dall’esterno.
L’intossicazione si verifica nel momento in cui queste scorie
sovraccaricano il corpo al di là delle sue capacità di espellerle.E’
vero
 che i virus provocano malattie, ma solo in
quanto scorie tossiche. In questo senso i “virus” sono sì
responsabili di varie patologie, ma non certo in quanto agenti di
contagio. Ricordiamo che batteri, germi e virus non comunicano tra loro
né possono agire di concerto e sono del tutto incapaci di condurre
operazioni congiunte come quelle di un esercito o di un gruppo di
assalitori. Essi sono privi dell’intelligenza e delle risorse
richieste per governare il processo patologico. Solo il corpo è in
grado di dare inizio a un tale processo risanante, poiché il corpo è
la sola entità intelligente unificata in grado di condurre quei
processi fisiologici che vengono chiamati “malattie”.

Evitare le infezioni attraverso una vita sana

Il Boyd’s
Medical Textbook
 afferma che molte persone sane
avrebbero in incubazione il virus senza
sviluppare le particolari patologie di cui il virus
dovrebbe essere causa, e che questo influsso debilitante sarebbe in
grado di sopraffare le funzioni protettive del corpo “permettendo ai
virus di usurpare le attività biologiche all’interno della
cellula”.

Più specificamente, secondo la teoria medica, affinché un
parassita o virus possa essere patogeno esso deve rispondere a tre
criteri:

1) Deve essere biochimicamente attivo, cioè deve possedere
una capacità metabolica per poter condurre un’azione;

2) Dovrebbe poter intossicare o infettare più cellule
ospite di quanto il corpo di un animale o di un uomo sia in grado di
proteggere o rigenerare. Ad esempio, potrete prendervi l’influenza
solo se il virus uccide o infetta una porzione significativa delle
vostre cellule polmonari; la poliomelite se il virus infetta un numero
sufficiente delle vostre cellule nervose; o l’epatite se il virus
assume il controllo di una larga porzione delle cellule del vostro
fegato (le infezioni latenti sono invece quelle che coinvolgono una
piccola percentuale delle nostre cellule, com’è il caso della
tubercolosi, che molti di noi hanno senza neppure accorgersi di averla).

3) L’ospite deve essere geneticamente e immunologicamente
permissivo. Deve accettare l’elemento patogeno e non deve esserne
“immune”. In altre parole, deve “lasciar fare”.

Gli esseri umani sono sempre “infetti” di “virus” e
batteri, poiché essi sono presenti nel nostro corpo in qualsiasi
momento. Per questo motivo non si può affermare che essi “invadano”
l’ospite. Le malattie non sono infezioni; sono piuttosto processi di
purificazione del corpo e non sono provocate da batteri o da
“virus”.

Né i “virus” né i batteri possono causare la malattia/processo
risanante. Il vero responsabile è lo stile di vita biologicamente
scorretto dell’ammalato. Quando le abitudini debilitanti vengono
abbandonate, non vi sarà ulteriore accumulo di scorie tossiche e il
corpo non avrà più bisogno di mettere in moto i processi di
guarigione/malattia. La buona salute ne sarà il naturale risultato.

I farmaci sono controproducenti

Per uccidere virus e batteri e dare al corpo la possibilità
di rimettersi, i medici credono di dover somministrare dei farmaci.
Credono anche che la medicina sia d’aiuto nella guarigione. I farmaci,
in effetti, uccidono i batteri, ma sono altrettanto dannosi ad ogni
altra forma di vita metabolica, cellule umane incluse.

L’utilizzo di farmaci e di medicine alle erbe ostacola gli sforzi di
detossificazione che il corpo conduce, rappresentando per il sistema una
minaccia addizionale oltre alle sostanze nocive che il corpo va
espellendo attraverso il processo di malattia. Eliminare le nuove
sostanze dannose che vengono ingerite assume la precedenza
sull’eliminazione di quelle che stanno alla base della crisi
risanante. La prassi medica di uccidere i germi con farmaci,
antibiotici, antinfiammatori o di sopprimerne l’attività con appositi
sieri è la causa della crescente degenerazione della popolazione e di
malattie iatrogeniche. Le malattie acute sono in grado di
auto-limitarsi, commisuratamente allo sforzo necessario per liberare
l’organismo dalle sostanze dannose. Il lavoro condotto dai
batteri-spazzini durante il processo della malattia è al tempo stesso
debilitante e fastidioso per l’ospite, ma è di vitale necessità per
la preservazione della vita e della salute.

Quando il processo di detossificazione è stato completato, i sintomi
della malattia scompaiono e l’organismo torna ad utilizzare le proprie
energie per i compiti ordinari. La forza, allora, torna a fluire nelle
estremità. Il corpo, benché indebolito dallo sforzo reso necessario
per contrastare le sue condizioni di tossicità, riacquista le proprie
energie e la vitalità funzionale e si riprende senza che sia necessario
alcun trattamento. Quando la crisi risanante è stata completata, il
recupero ha inizio.

L’illusione del contagio

La gente è stata educata ad essere terrorizzata dai
batteri e dai virus e a credere implicitamente nell’idea del contagio:
e cioè che specifiche entità patogene, aggressive e maligne, siano in
grado di passare da un ospite all’altro. “Contagio”, nella
definizione medica, è la trasmissione della malattia per contatto: una
malattia infettiva può essere comunicata per contatto da una persona
che ne è affetta o attraverso un oggetto che essa ha toccato. Il
dizionario a questo proposito parla di “virus o altri agenti
infettivi” o di “qualcosa che funga da tramite per la trasmissione
della malattia con mezzi diretti o indiretti”.

Il “contagio”, tuttavia, è uno dei miti della medicina, poiché le
scorie tossiche non possono essere trasmesse da un corpo all’altro
attraverso il normale contatto. Le malattie contagiose sono
un’invenzione, poiché nessuno può passare ad altri la sua malattia,
non più di quanto possa trasmettere la propria salute. Qualcosa di
simile al contagio sembra avvenire quando una persona in condizioni
gravemente tossemiche viene messa a contatto con un’altra che si trovi
in una situazione similare, attivando in questo modo una crisi
risanante.

Ciò che accade in realtà

I batteri o i germi di questi individui vengono stimolati
ad agire da quegli elementi devitalizzati su cui i batteri prosperano.
Quando vengono trasferiti alle membrane mucose o ai tessuti di
un’altra persona egualmente
tossemica
, è possibile che i batteri inizino
immediatamente ad agire come fanno nell’organismo portatore, se vi è
una quantità adeguata di prodotti della decomposizione su cui le
colonie batteriche possano impiantarsi e prosperare.

Ma l’esistenza di un ambiente inquinato è prerequisito affinché tale
azione batterica possa verificarsi.  

Un individuo in salute, con un flusso sanguigno incontaminato e
relativamente puro, non avrà quindi alcun motivo di temere le
“malattie contagiose”.

Di norma, non è possibile trasmettere ad altri il proprio carico di
tossicità, a meno che esso non venga estratto dal nostro corpo (come
accade nelle donazioni di sangue) e poi iniettato ad un’altra persona
(ad esempio con una trasfusione). In questo caso può verificarsi un
contagio medicamente indotto o malattia iatrogenica, che non ha però
nulla a che fare con quelli che si verificano nell’ambito dei naturali
processi biologici della vita. E’ questa la reale spiegazione di ciò
che chiamiamo “contagio”. Il germe attiva, affretta o sollecita il
processo di malattia in coloro che sono già tossemici. Ma per coloro
che non lo sono, il contagio non funziona e non può verificarsi finché
il corpo si mantiene puro, poiché è la contaminazione del sistema che
prepara l’organismo per le “epidemie”, a causa della nostra
incapacità di mantenere fluidi e tessuti corporei puliti e non
inquinati.

Le vere cause e i veri fattori del “contagio”

In realtà il cosiddetto “contagio” non esiste, poiché
gli unici agenti in grado di produrre malattie sono le abitudini nocive
come l’abuso di alcool, caffè, sigarette, farmaci, cibi-spazzatura,
cibi raffinati, scarsità di riposo, mancanza di esercizio e di luce
solare, ecc.

Sono le abitudini di vita sbagliate che generano le malattie che vediamo
diffuse tra la popolazione. Non c’è nessun “insetto che gira”: è
ciò che facciamo al nostro corpo che distrugge le sue necessità
sistemiche.

La “predisposizione” rivisitata

Il concetto di “contagio” è strettamente correlato a
quello egualmente erroneo di “predisposizione”: si crede infatti che
un’”epidemia” risulti “contagiosa” solo se l’individuo vi è
“predisposto”. Questa affermazione medica è in realtà
un’ammissione che non sono i germi a provocare le malattie. Se così
fosse, chiunque venisse esposto ad essi si ammalerebbe della stessa
malattia.

In realtà una persona “predisposta” è una persona che possiede un
alto livello di tossicità dell’organismo, insieme alla vitalità
sufficiente a condurre il processo di malattia/purificazione. Tali
individui possono ammalarsi in qualsiasi momento, che vengano o no
esposti al “contagio”.

Se individui sani riescono a conservare la loro salute anche nel bel
mezzo di “malattie epidemiche”, risulta evidente che la teoria del
contagio è sbagliata. La parte dell’organismo più sovraccarica di
tossine è quella in cui si manifestano per primi i sintomi della
malattia, ma l’effetto complessivo è sistemico, poiché tutti gli
organi e le ghiandole del sistema subiscono danni a differenti livelli.

Quali sono le vere “epidemie”?

Inoltre, le malattie più comunemente diffuse non sono
neppure contagiose. Oltre il 90% degli americani soffre di placche
arteriose, ma questa non è considerata una malattia contagiosa (mentre
l’AIDS, che viene considerato epidemico, interessa solo 1/10.000 della
popolazione!!!). L’obesità è forse considerata contagiosa? Eppure
affligge una persona su tre. E la costipazione? Affligge il 90% della
nostra popolazione.

E i problemi alla vista, che affliggono due persone su tre, sono forse
considerati contagiosi? Lo stesso si può dire delle patologie dentarie,
della pressione sanguigna anomala, delle emicranie, dei problemi alla
schiena, ecc., tutte patologie estremamente diffuse. Più di metà degli
americani soffre di problemi cardiovascolari, ma sono forse considerati
contagiosi? La malattia più temuta in assoluto è il cancro. E’ forse
contagiosa? L’artrite colpisce più persone che non l’herpes. E’
forse contagiosa? E che dire dell’asma o dell’acne?

Prendiamo come esempio i raffreddori. Come mai i bambini prendono fino a
otto raffreddori all’anno, mentre i genitori molti di meno? Come mai
le persone che si trovano isolate negli osservatori al Polo Nord o Sud
“si prendono” lo stesso il raffreddore durante la loro permanenza?
Come mai negli anni 1965-67 i laboratori del National Institute of
Health di Bethesda, nel Maryland, condussero sperimentazioni sulle
influenze che non mostrarono alcuna prova che esse fossero dovute a
contagio?

Ad alcuni volontari vennero iniettati ogni giorno i presunti “virus”
dell’influenza, prelevati a coloro che ne soffrivano, ma nessuno di
essi si ammalò. Ci furono più casi di influenza nel gruppo di
controllo. Contemporaneamente, subito dopo la tradizionale Festa del
Ringraziamento, il numero di ammalati in entrambi i gruppi ebbe un picco
improvviso, come è lecito aspettarsi quando vengono consumati cibi e
bevande eccessive durante una festività.

Anche le malattie veneree sono considerate contagiose. Ma in realtà i
cosiddetti fattori di contagio (batteri) sono presenti in
quanto effetto
 della malattia, senza esserne né la
causa né il presupposto (il 20% di coloro che soffrono di malattie
veneree non rivelano presenza né del gonococco né degli spirocheti che
dovrebbero provocarla).


La Marina
 degli Stati
Uniti condusse esperimenti in cui si evidenziava che le cosiddette
“persone infette” non potevano infettare chi era definito “in
salute”. In Giappone prostitute “infettate” hanno avuto relazioni
sessuali con molti militari senza che nessuno di essi contraesse la
malattia. Allo stesso modo molti individui presentano “infezioni”
nella zona genitale senza mai aver avuto contatti con nessuno (ad
esempio nei casi che riguardano i bambini). Il concetto di
“contagio” è medicamente indimostrato, nonostante le apparenze del
contrario.

Conclusione

Le cosiddette “malattie contagiose” come l’AIDS, le
malattie veneree, il piede dell’atleta, non sono più contagiose di
qualsiasi altra malattia. Ma ad alcuni interessi commerciali è utile
che la gente creda che lo siano.

Fondamentalmente, l’accettazione della teoria del contagio presuppone
l’accettazione della teoria dei germi come causa delle malattie: e cioè
che specifici batteri o “virus” possano produrre i sintomi di
malattie specifiche. Questa teoria è stata più volte dimostrata
erronea in campo scientifico, e perfino Pasteur ammise la sua
insostenibilità.

Nonostante ciò, la teoria dei germi e la teoria del contagio continuano
ad essere propagandate dal moderno sistema medico, il cui prestigio, i
cui profitti e il cui potere dipendono largamente dalla fiducia in
questa assurda teoria.

In sostanza, la popolazione crede a ciò che l’establishment medico
vuole che creda. La teoria del contagio serve a tenere alta la domanda
di farmaci e di cure mediche e ospedaliere.

Se conducete una vita sana, probabilmente non vi ammalerete
mai. Le malattie sono provocate solo da abitudini di vita improprie. Non
dimenticate che solo le industrie mediche, ospedaliere e farmacologiche
sostengono che la salute si possa recuperare somministrando farmaci
velenosi. Questo è probabilmente uno dei più spaventosi semi delle
malattie “contagiose”. In conclusione, se i germi hanno un qualche
ruolo nel provocare malattie, esso non è un ruolo primario, ma solo
secondario, in subordine a quei fattori che abbassano la nostra
resistenza o mettono a rischio la nostra salute. Una vita sana è, in
ogni caso, la migliore assicurazione contro qualsiasi malattia.

 

Nuovi vaccini” pandemici per “nuovi malati

1 commento

Home
Page
ContattiLa libreria –  Link
Cerca nel sitoPubblicità
nel sito
Sostenitori

 – Pagina
medicina

Le
Pandemie inventate come strategia di “Disease Mongering”
"
Nuovi vaccini" pandemici per "nuovi malati

"
Marcello Pamio – 2 ottobre 2009

Pandemrix,
Prepandrix e Focetria:
questi i nomi dei nuovi vaccini pandemici contro l’aviaria, approvati
in Europa.
La britannica GlaxoSmithKline e l’elvetica Novartis, ringraziano
ovviamente l’Agenzia Europea del Farmaco, (E.M.E.A. “European Medicines Agency”) – lo strumento principe nelle mani
delle lobbies farmaceutiche – per aver dato il via libera a questi nuovi
“veleni”.
L’importante decisione è stata presa dal “Comitato
per i prodotti medicinali a uso umano
” (C.H.M.P. “Commitee
for Medicinal Products for Human Use
”).
Anche se la notizia è recentissima (25 settembre 2009)[1]
e interessa la salute di centinaia di milioni di persone, nessun media
ha dato un meritato risalto.
Attenzione perché, non stiamo parlando della ridicola influenza porcina
e/o stagionale, o della nuova-vecchia conoscenza: l’aviaria (leggi
l’articolo “
La Teoria
dell’origine virale delle malattie”).
Il problema serio infatti non sono le pandemie inventate (Antrace, Sars,
Aviaria, Suina, ecc.) dall’establishment medico-scientifico, ma i loro
“rimedi”: i farmaci-vaccini-veleni.
Non a caso la nostra è un’epoca contrassegnata dal “Disease
Mongering
”, (“mercificazione
della malattia
”), cioè da quella criminale operazione di
Marketing spietato, finalizzata alla creazione vera e propria di
malattie (vedi colesterolo, osteoporosi, malattie epidemiche, pandemie
ecc.) e alla medicalizzazione di aspetti normalissimi della vita
(gravidanza, menopausa, vecchiaia, ecc.) con il duplice obiettivo di
spacciare e vendere farmaci da una parte e avere il controllo delle
persone dall’altro.
Una persona ammalata (anche se oggettivamente è sana) NON è una
persona libera.
Una persona non libera è facilmente manipolabile…

Come avviene questa “Medicalizzazione
della società
”?

Il 25 giugno 2005 lo stesso
B.J.M. “British Medical Journal” (il giornale della casta dei camici
bianchi britannici) lancia l’allarme della «eccessiva
medicalizzazione e della continua riduzione dei valori di normalità
della pressione arteriosa e del colesterolo
».
Cosa significa questo allarme?
Significa che le lobbies del farmaco con il connubio delle istituzioni
sanitarie internazionali continuano ad abbassare i valori di “normalità”
(pressione arteriosa, colesterolo, trigliceridi, glicemia, densità
ossea, ecc.) da una parte, e aumentare gli “Screening
di massa
” dall’altra, rendendo “malate” milioni di persone,
oggettivamente sane! Queste persone “sane”, con la
compiacenza/ignoranza dei medici, saranno “curate” con droghe e/o
veleni, intossicandole e facendole diventare malate per davvero.

Tecnicamente
avviene così:

PIANO QUANTITATIVO: ABBASSANDO LE SOGLIE

Ecco qualche esempio:

Trigliceridi:
– Valore “normale” a giugno 2003: 2,3
mmol
– Nuovo valore “normale” (luglio 2003): 1,7
mmol
Significa che a fine giugno 2003 coloro che avevano i trigliceridi
(da 2,2 mmol a 1,7 mmol) erano sani e il primo luglio invece malati.

Colesterolo:
– Trattamento se LDL > 3 mmol
(giugno 2003)
– Nuovo parametro se LDL > 2,6
mmol
(luglio 2003)
Significa che a fine giugno 2003 coloro che avevano il colesterolo LDL
(da 2,6 mmol a 3 mmol) erano sani e il primo luglio invece malati.
Stiamo parlando di decine di milioni di persone!!!

Diabete:
– Valore “normale” se Glucosio
< 140 mg/dL
(fino al 2000)
– Nuovo parametro se Glucosio
<  126 mg/dL
(dopo il
2000)
Significa che nell’anno 2000, coloro che avevano il livello di
Glucosio (superiore a 126 e inferiore a 140 mg/dL) erano sani, mentre da
capodanno in poi malati.

“PIANO TEMPORALE”: DIAGNOSI PRECOCE

Con gli Screening di massa si
invitano, mediante la paura e il terrorismo psicologico, persone
oggettivamente sane a cercare qualche malattia che nessuno vorrebbe
avere.
Un esempio per tutti: la mammografia che i medici all’unisono
consigliano e spesso raccomandano di fare alle donne sopra una certa età,
serve oppure no?
Ecco cosa dice la conclusione dello studio dell’ufficialissimo Cochrane
Collaboration[2]
e pubblicato nel “Cochrane
Systematic Review
” nel 2006.
Per ogni 2000 donne partecipanti allo screening, 1 avrà, dopo 10 anni,
la vita prolungata
(1 decesso per tumore al seno evitato rispetto a
2000 donne che non hanno fatto la mammografia). 
10 saranno trattate per un
tumore al seno in modo non necessario (overtreatment).
Quindi: “0,5 decessi evitati ogni 1000 donne che fanno la mammografia per 10
anni, rispetto a 1000 donne che non si sottopongono allo screening
mammografico

Senza contare i devastanti effetti psicologici dei “falsi
positivi
” per coloro che eseguono la mammografia: l’esame rivela
qualcosa (nodulo, tumore, cancro, ecc.) che in realtà NON c’è. Su
1000 donne ben 242 avranno appunto una “sospetta
diagnosi di cancro al seno non confermate dopo ulteriori esami
”. (Barrat
et al, British Medical Journal
2005). Quindi i “falsi positivi” si aggirano intorno al 24%.

“PIANO QUALITATIVO”: NUOVE MALATTIE

In questo caso gli esempi sono
così numerosi che per problemi di spazio non è possibile elencarli:
osteoporosi, sindrome premestruale, colon irritabile, ecc.
In questa sede c’interessano solo le pandemie, per cui leggiamo cosa
effettivamente contengono questi vaccini.

Cosa contiene il “nuovo
vaccino Pandemrix?

Documenti ufficiali dell’E.M.E.A.
(scaricabili in formato Pdf, vedi note) riportano integralmente la lista
dei componenti di questo farmaco.

A
seguito della miscelazione, 1 dose (0,5 ml) contiene:
– Virus influenzale frazionato, inattivato, contenente l’antigene
(propagato in uova) equivalente a A/VietNam/1194/2004 (H5N1) ceppo
equivalente (NIBRG-14) 3,75 microgrammi.
AS03 composto di Squalene 
(10,69 milligrammi), adiuvante;
– DL-α-tocoferolo (11,86 milligrammi),
Polisorbato 80 (4,86 milligrammi).
Tiomersale (sale di mercurio!), eccipiente;

Quali sono gli effetti collaterali del Pandemrix?[3]

Come tutti i medicinali,
Pandemrix può causare effetti indesiderati anche seri.

Infiammazione transitoria cerebrale e dei nervi che comporta dolore,
debolezza e paralisi.

• Restringimento od ostruzione dei vasi sanguigni con problemi renali

• Reazioni allergiche che portano ad una pericolosa diminuzione della
pressione sanguigna, che, se non trattata, può portare al collasso,
coma e morte

• Convulsioni

• Dolore intenso lancinante o pulsante lungo uno o più nervi

• Bassa conta piastrinica che può dar luogo a sanguinamenti o a
formazione di lividi

• Reazioni cutanee generalizzate compresa orticaria.

• Dolore, rossore, gonfiore o formazione di un nodulo duro al sito di
iniezione.

• Gonfiore delle ghiandole del collo, delle ascelle o dell’inguine


Capogiri

• Diarrea, vomito, mal di stomaco, nausea

Cosa contiene il “nuovo
vaccino Prepandrix?

Documenti ufficiali dell’E.M.E.A.
(scaricabili in formato Pdf, vedi note[4])
riportano integralmente la lista dei componenti di questo farmaco.

A seguito della
miscelazione, 1 dose (0,5 ml) contiene:
– Virus influenzale frazionato, inattivato, contenente l’antigene
(propagato in uova) equivalente a A/Indonesia/05/2005 (H5N1) ceppo
equivalente (PR8-IBCDC-RG2) 3.75 microgrammi
AS03 composto di Squalene
(10,69 milligrammi), adiuvante;
– DL-α-tocoferolo (11,86 milligrammi);
Polisorbato 80 (4,86
milligrammi).
– Contiene 5 microgrammi di Tiomersale (eccipiente a base di Mercurio).

– Altri composti chimici

Quali sono gli effetti collaterali del
Prepandrix?[5]

Come tutti i medicinali,
Pandendrix può causare effetti indesiderati anche seri.
• Infiammazione transitoria cerebrale e
dei nervi che comporta dolore, debolezza e paralisi.

• Restringimento od ostruzione dei vasi sanguigni con problemi renali

• Reazioni allergiche che portano ad una pericolosa diminuzione della
pressione sanguigna, che, se non trattata, può portare al collasso,
coma e morte.

• Convulsioni

• Dolore intenso lancinante o pulsante lungo uno o più nervi

• Bassa conta piastrinica che può dar luogo a sanguinamenti o a
formazione di lividi

• Reazioni cutanee generalizzate compresa orticaria.

• Gonfiore delle ghiandole del collo, delle ascelle o dell’inguine

• Capogiri

• Diarrea, vomito, mal di stomaco, nausea

Cosa possono provocare gli additivi
contenuti nai vaccini?

I “nuovi” vaccini pandemici,
accettati e commercializzati dall’EMEA, contengono veleni, come:


Tiomersale à
Questo conservante si
idrolizza spontaneamente per via enzimatica a Etilmercurio, che ha un
comportamento tossicologico simile a quello del Metilmercurio, per il
quale sono noti da tempo e sono a disposizione numerosi dati sugli
effetti neurotossici.[6]

Squalene
à
Il nostro Sistema Immunitario riconosce lo Squalene come una
molecola d’olio appartenente al corpo (infatti si trova in tutto il
sistema nervoso e nel cervello e si può consumarlo con l’olio
d’oliva). Quando però viene iniettato e non digerito, la via
d’ingresso è anormale, e incita il Sistema Immunitario ad attaccare
tutto lo Squalene nel corpo
, non solo quello
contenuto nell’adiuvante. Il sistema immunitario, quindi, tenterà di
distruggere la molecola ovunque la trovi, inclusi i luoghi dove è
vitale per la salute del sistema nervoso[7].
I veterani della Guerra del Golfo che hanno contratto la sindrome che
porta questo nome ricevettero vaccini all’antrace che contenevano
Squalene[8].
L’MF59 (l’adiuvante allo Squalene della Novartis, ora usato nel
vaccino contro la febbre suina) fu un ingrediente NON approvato nei vaccini sperimentali all’antrace e
da allora è stato collegato alle malattie devastanti e autoimmuni di
cui soffrono molti veterani del Golfo.[9]

Polisorbato
80 à
Questo ingrediente (inserito pure nel
vaccino contro il cancro al collo dell’utero “Gardasil”) è noto
per provocare seri effetti collaterali come: infertilità, convulsioni
epilettiche, aborti spontanei e shock anafilattici anche mortali.

Avrete capito che il vero
problema non sono le pandemie, create ad arte dall’establishment e
propagandate da medici e media, ma i farmaci e vaccini stessi.
Tali veleni sono estremamente pericolosi per la salute umana perché
aumentano
la Tossiemia
dell’organismo, già di per sé pieno di tossine, e scatenano reazioni
allergiche molto forti che vanno ad indebolire il già indebolito
sistema immunitario oltre a disperdere l’importantissima energia
vitale.
Quindi questi veleni sistemici – per coloro che non lo avessero ancora
compreso – servono per farci intossicare più rapidamente,
predisponendoci alle malattie future.
Malattie che limitano la nostra capacità pensante (pensare fino in
fondo), e che quindi impediscono di essere e divenire “uomini
liberi”, responsabili della nostra Vita.
Il tutto per la gioia dei Controllori…


[1]
EMEA, Press Release, London 25 settembre 2009 http://www.emea.europa.eu/pdfs/human/press/pr/60627409en.pdf
[2]
La Cochrane Collaboration è
una iniziativa internazionale no-profit nata con lo scopo di
raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni
relative alla efficacia degli interventi sanitari. Attualmente oltre
14.925 operatori sanitari, ricercatori e rappresentati di
associazioni di pazienti sono impegnati in oltre 97 paesi del
mondo in questa attività. http://www.cochrane.it/it/collaboration.html

[3]
“Riassunto delle caratteristiche del prodotto, Par. 4 –
“Possibili effetti collaterali” http://www.emea.europa.eu/humandocs/PDFs/EPAR/pandemrix/emea-combined-h832it.pdf
[4]
“Riassunto delle caratteristiche del prodotto Prepandrix” http://www.emea.europa.eu/humandocs/PDFs/EPAR/prepandrix/emea-combined-h822it.pdf
[5]
“Riassunto delle caratteristiche del prodotto, Par. 4 –
“Possibili effetti collaterali” http://www.emea.europa.eu/humandocs/PDFs/EPAR/pandemrix/emea-combined-h832it.pdf
[6]
“Uso dei vaccini per l’infanzia che contengono Tiomersale” http://www.levaccinazioni.it/Professionisti/FilesUploaded/2001~4~18~12~18~9~1940/96.asp#struttura
[7] Vaccination Liberation, Adjuvant
Index Page
http://www.vaclib.org/basic/adjuvants.htm

[8] Autoimmune Technologies, News
Release: SQUALENE FOUND IN ANTHRAX VACCINE,
http://www.autoimmune.com/SqualeneInVaccine.html

[9] http://www.autoimmune.com/GWSGen.html